Il conflitto e l'aggressività tra i sessi e l'abnorme ricerca di diritti e potere

Il conflitto e l'aggressività tra i sessi e l'abnorme ricerca di diritti e potere

 

 

Autore: Emidio Tribulato

Uno dei tanti motivi che stimola le coppie a comportamenti aggressivi è legato all’accentuata voglia di esercitare il proprio potere sull’altro. Il movente del potere e del possesso è frequentemente originato dall’impellente desiderio infantile di pretendere per sé una posizione di maggior controllo sugli altri o di possedere in modo esclusivo un oggetto, un lavoro, un ruolo od una funzione.

Questi comportamenti sono molto frequenti nei bambini per cui il fratello maggiore ama strappare la palla dalle mani del fratellino più piccolo, debole e indifeso, non perché questi non gli permetta di giocare ma solo per esercitare un potere su di lui. Come dire: “Io sono più grande e più forte di te. Io sono quello che comanda, tu sei quello che deve ubbidire”. A sua volta il bambino più piccolo, se è abbastanza furbo, riesce anche lui ad esercitare il suo potere sul più grande, piangendo e strillando a più non posso, così da costringere i genitori esasperati, ad accontentare le sue richieste, togliendo al fratello più grande, per darlo a lui, l’oggetto desiderato. Anche in questo caso, pur se indirettamente, il bambino piccolo, nonostante sia meno forte e indifeso, riesce lo stesso a procurarsi e utilizzare, tramite l’autorità genitoriale, un grande potere.

Questi comportamenti sono presenti anche negli adulti, quando questi fanno di tutto per imporre la propria volontà agli altri. I ricatti esercitati dagli uomini sulle donne possono essere di questo tenore: “Lasciami andare alle partite di calcio senza protestare, se no ti lascio e vado a cercare una ragazza più giovane e più accondiscendente di te”. O peggio ancora: “Lascia in pace me e la mia amante se no ti picchio”. I ricatti femminili possono essere di altro genere, ma sono altrettanto stringenti, pressanti e dello stesso tenore, poiché contengono la stessa brama di potere: “Pulisci i piatti e aiutami a sistemare la cucina, se vuoi fare all'amore con me stasera”. Oppure: “Dammi i soldi che ti ho chiesto, se vuoi vedere i tuoi figli”. O peggio ancora: “Se non mi dai ciò che ti ho chiesto, ti accuso di maltrattamenti e di violenza e ti faccio marcire in galera per anni”.

 

Così come quando un bambino picchiato dai compagni apprende che è necessario difendersi e picchiare a sua volta, altrettanto succede nelle relazioni tra adulti: quando uno dei due esercita ingiustamente il suo potere sull’altro, quest’ultimo si sente autorizzato a rispondere, ingigantendo le minacce o peggio le manifestazioni aggressive. “Se tu minacci di denunziarmi per violenza, io ti accuserò di abbandono di minore!”

Ciò avviene sovente nella nostra società e nel nostro periodo storico. Poiché si è affermata la cultura del predominio del più forte e del più prepotente, si crede di poter realizzare qualsiasi cosa, di soddisfare qualsiasi desiderio, utilizzando l’arroganza, i ricatti, le prepotenze e le minacce. Questo tipo di cultura ha coinvolto anche le relazioni tra i sessi. Dice Bonino [1](2005, p.15): “… si evidenzia anche un facile e disinibito ricorso all’aggressione, nel tentativo di imporre agli altri il proprio volere, o addirittura di distruggerli quando questo non è possibile”. Per Dacquino[2]: “Proprio perché comporta l’incontro – scontro di due personalità, l’amore è anche un reciproco tentativo di affermarsi, per cui diventa terreno di sfida e di competizione tra uomo e donna”.

In definitiva, quando qualcuno avverte che l’altro ha dei comportamenti prevaricatori, si sente autorizzato a servirsi delle stesse modalità negative, se non più gravi, per difendersi e vendicarsi della violenza subita. Ciò innesca una spirale perversa, nella quale l’aggressività e la violenza, a volte nascoste, ma più spesso manifeste e presenti, possono diventare nel tempo sempre più intense, gravi e distruttive.

Questo desiderio di potere si è sviluppato soprattutto quando è iniziata la competizione tra i sessi e quando si è affermata l’idea che i ruoli “devono” essere uguali: in famiglia come in politica; nel lavoro come nelle relazioni; pena il sentirsi inferiore all’altro. Pertanto la giusta ricerca di una compiuta uguaglianza e dignità della donna si è trasformata nel tempo, in una lotta per il potere, nella quale è possibile utilizzare tutte le armi a disposizione: politiche, legali, psicologiche e fisiche, pur di sottomettere, schiacciare, costringere e, se possibile, annullare l’altro sesso. È evidente che in una situazione di conflitto costante, nascano e si sviluppino sempre più, tra i generi, dei comportamenti aggressivi e violenti che è difficile, se non impossibile riuscire a gestire e controllare.

È palese come questa non sia la migliore modalità relazionale. L’incontro tra un uomo e una donna, ma anche le relazioni tra omosessuali, transessuali e altri generi sessuali, non dovrebbero essere vissuti come un terreno di conquista, confronto e scontro e certamente non dovrebbero portare al predominio e alla prevaricazione di un sesso sull’altro. Se si utilizza questo tipo di comportamenti, le possibilità di vivere bene e in pace le relazioni diventeranno sempre più un’eventualità rara o mancheranno del tutto. Questi incontri e queste relazioni dovrebbero, al contrario, permettere lo sviluppo di un’intesa, un aiuto e un sostegno reciproco, non solo utile ma direi indispensabile per vivere e collaborare, mano nella mano, in un clima di serenità e pace. 

 

L’eccessiva difesa dei propri diritti e la contemporanea scarsa propensione ai propri doveri.

Nell’attuale società, uno dei motivi di aggressività tra i sessi è dato dal notevole aumento di atti e comportamenti ritenuti necessari alla difesa di alcuni diritti, considerati importanti e sacrosanti da uno dei due, mentre non sono ritenuti tali, non sono accettati e pertanto in vari modi sono ostacolati, dall’altro. Nel momento in cui quest’ultimo non concede quanto richiesto, nasce l’impellente bisogno di esercitare la propria vendetta o ripicca, in modo tale che compensi “l’ingiustizia” subita o la sofferenza provata.

Quelli che sono ritenuti dei propri “diritti” possono nascere dai bisogni personali, dai sentimenti che si provano in quel momento, dalle tradizioni e dai ruoli che la persona ricopre, dalle leggi dello stato; dalle sentenze dei giudici e così via e possono variare in base all’età, al sesso e alle consuetudini del luogo. Pertanto ogni persona, nelle varie età della vita, avverte dei personali bisogni ai quali non vuole e non intende rinunciare.

Coloro che dovrebbero soddisfare questi bisogni sono spesso le persone che amiamo di più, le quali, tuttavia, non sempre sono in grado di ottemperare a quanto richiesto. Facciamo qualche esempio.

Per i bambini i diritti sono spesso dovuti al bisogno e alla gioia di scoprire il mondo che li circonda e al piacere di sperimentare se stessi: le proprie capacità sensoriali, la propria forza fisica, l’agilità motoria. I piccoli sentono intensamente il diritto di scoprire e conoscere come sono fatti gli altri esseri viventi, gli oggetti, i materiali e gli strumenti presenti nel mondo che li circonda. Ciò fanno correndo e saltando da una parte all’altra della casa; smontando e spesso distruggendo i giocattoli, disegnando e colorando dove capita, inventando storie, perseguitando i poveri animali presenti in casa, verso i quali non rinunciano al piacere di tirar loro la coda e le orecchie o di abbracciarli così forte da far loro male.

E guai a chi non accetta la loro insaziabile voglia e piacere finalizzati alla ricerca e alla scoperta. Quando i genitori o i nonni richiamano la loro attenzione, chiedendo di smettere di fare il gioco o l’esperienza che il quel momento stanno conducendo, perché non è giusto distruggere il giocattolo ancora nuovo e ben funzionante, maltrattare gli animali, decorare il corridoio o la stanza da pranzo con i loro graffiti, papà e mamma sono visti non solo come dei disturbatori e degli intrusi, ma anche come dei violenti persecutori, che impediscono di fare quanto ritengono essere un loro sacrosanto diritto. Per tale motivo si sentono nel giusto mentre gridano, piangono e protestano vivacemente.

Per gli adolescenti l’affermazione e la difesa ad oltranza dei propri diritti è strettamente legata alla ricerca di una maggiore libertà e autonomia nell’agire e nelle scelte da compiere, soprattutto nel campo delle amicizie, dei giochi, dei divertimenti, ma soprattutto nei riguardi della loro vita sentimentale e sessuale. Pertanto, di fronte ai genitori, agli insegnanti e agli adulti in genere, è come se continuamente affermassero ed elencassero questi loro “diritti”, come se questi fossero contemplati, a lettere d’oro, negli articoli della carta costituzionale.

“Io ho diritto di uscire in piazzetta tutte le sere insieme ai miei amici, di avere come questi il cellulare di ultima generazione, di andare in discoteca o in pizzeria ogni venerdì e sabato sera, tornando la mattina dopo”. E poi di seguito: “Io ho anche il diritto di frequentare la ragazza (o il ragazzo) che più mi piace, che più mi fa divertire, di fare e possedere tutto quello che fanno e hanno i miei amici” e così via. “Pertanto, chiunque non accetta le mie richieste e non acconsente ad esse, è da considerarsi ingiusto e cattivo, per cui è lecito che io mi ribelli vivacemente e se è il caso lo aggredisca con le mie parole e i miei comportamenti”.

Ma anche gli adulti non mancano di affermare e rivendicare, nei confronti del partner, dei diritti che giudicano legittimi e sacrosanti.

 I diritti dei maschi adulti riguardano, ad esempio, giocare a calcetto tutti i sabati; correre in bicicletta la domenica mattina con gli amici; gareggiare con le moto o con le auto. In altri momenti e per altri adulti più pantofolai i bisogni sono di tutt’altro genere, come: assistere a tutte le partite o agli altri sport trasmessi dalla tv, andare al campo sportivo la domenica o recarsi al bar per chiacchierare e giocare con gli amici, fare in compagnia di questi qualche viaggio di piacere, e così via.

Pertanto, quando la fidanzata, la compagna o moglie che sia, si oppone a tutto ciò, assume facilmente la veste di irriducibile nemica guastafeste.

 

 

Allo stesso modo anche le donne adulte sentono di avere altrettanti bisogni da soddisfare come: andare per negozi per fare shopping in tutte le stagioni, senza porre troppa attenzione al portafoglio e senza badare alla lunghezza delle gonne ed alla profondità delle scollature, sistemare frequentemente la propria capigliatura dal parrucchiere, chiacchierare per ore con le amiche, vedere alla tv le telenovele che fanno battere forte il cuore, chattare in ogni momento della giornata in tutti i gruppi nei quali sono iscritte, inserire le ultime foto o le loro ricette su Facebook, e così via. Pertanto il marito, il fidanzato o compagno, quando osano opporsi a questi e ad altri desideri e bisogni che le donne sentono di dover soddisfare, si prenderanno facilmente l’appellativo di “retrogradi, violenti e prepotenti maschilisti”.

Ci sono poi dei nuovi ed entusiasmanti “diritti”, strettamente legati al sesso, alle emozioni e ai sentimenti del momento, ritenuti un po’, ma solo un po’, troppo spinti, ai quali tuttavia le moderne società offrono una notevole dose di comprensione e accettazione. Sono il diritto di correre dietro ogni gonna o pantaloni che si trovano nei paraggi, che può procurare vivo piacere ed eccitazione o quello di lasciar correre a briglia sciolta le emozioni amorose, quando queste fanno battere forte il cuore.

In queste, e in tante altre occasioni, appare inutile far notare che accanto ai tanti “diritti”, che ognuno di noi proclama, dovrebbero riconoscersi altrettanti doveri: nei confronti della persona che ci sta accanto, verso i figli, verso la rete familiare e verso la società, in relazione  al lavoro, ma anche in ordine alla morale o al semplice buon gusto.

 

Purtroppo il numero e la quantità di questi “diritti” si sono nel tempo moltiplicati a dismisura in tutte le età e in entrambi i sessi, a causa della martellante pubblicità, presente in ogni ora del giorno e della notte in tutti i mezzi di comunicazione di massa. Pertanto quando qualcuno accenna a limitarli o indirizzarli correttamente, sopravviene o si accentua immediatamente uno stato di frustrazione, che alcuni soggetti non riescono a sopportare e pertanto reagiscono con manifestazioni aggressive e violente.



[1] Bonino S., (2012), “L’assurdità delle punizioni fisiche: Ti picchio per insegnarti a non picchiare”, Psicologia contemporanea, gennaio-febbraio, p. 15.

[2] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Milano, Mondadori Editore, p. 264.

 

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