Disagio e visione negativa del sesso opposto

Disagio e visione negativa del sesso opposto

 

 

 

Sono molti i segnali che ci suggeriscono un aumento del disagio fra i due generi nel mondo occidentale e nel nostro periodo storico.

  • Aumentano le separazioni, i divorzi.
  • Aumentano i single.
  • Sono in aumento le azioni legali e i processi per violenza, intentate dall’uno e dall’altro sesso.
  • Aumenta la sfiducia nei confronti dell’altro, espressa sia verbalmente sia nei comportamenti.
  • Diminuisce la sollecitudine, l’accoglienza e la disponibilità tra uomini e donne nella cura reciproca.

La visione negativa del sesso opposto

Una delle più importanti cause socio-relazionali che altera notevolmente il rapporto tra i sessi è dovuta all’attuale visione negativa del sesso opposto. Nell’incontro e nei rapporti che instauriamo con l’altro sesso, siano essi superficiali oppure molto intensi e profondi, sono insite e non potrebbe essere diversamente, tutte le problematiche riguardanti il rapporto con la diversità. Come dice Ackerman[1]:

“Dalla nascita alla morte l’essere umano si muove, muta e si sviluppa in funzione del suo modo di adattarsi alla diversità. Vengono dei momenti in cui è inevitabile il conflitto; esso è intrinseco alla lotta per l’esistenza, intrinseco al processo di cambiamento e di sviluppo”.

Il rapporto con il diverso non è stato mai facile. In alcuni periodi storici e in alcune società, l’incontro con popoli e persone con caratteristiche diverse per religione, valori, cultura, usi, costumi, visione del mondo, è stato visto come un’occasione d’arricchimento, confronto e intesa, mentre, in altri casi e in altri periodi storici, le differenze sono state giudicate un grave problema da contrastare in ogni modo, mediante una netta opposizione, utilizzando dei comportamenti di esclusione, chiusura e lotta. In altri casi si è preteso, da chi è diverso da noi, la completa omologazione alla nostra cultura, alle nostre leggi, ai nostri usi e costumi, alla nostra lingua, alla nostra religione.

Questo modo di vedere e affrontare la diversità è stato sempre presente nel campo sociale e nelle relazioni tra popoli ed etnie diverse. Ciò ha provocato un’interminabile serie di conflitti, emarginazioni, guerre di religione ma anche i tanti incredibili orrori dei campi di sterminio, i quali avevano come obiettivo dichiarato l’eliminazione fisica del “diverso”.

Questa paura di confrontarsi con chi ha qualcosa di differente da noi, questo rifiuto di conoscere, accogliere e accettare chi ha lingua, religione, usi e costumi, caratteristiche fisiche, colore della pelle, diversi dai nostri, questo rinunciare ad instaurare con quelli una collaborazione ed un’intesa proficua, negli ultimi decenni ha coinvolto anche il campo delle differenze sessuali. Pertanto per molti l’altro sesso è diventato uno sconosciuto da tenere alla larga, un nemico da accusare di ogni possibile nefandezza, un essere da allontanare e demonizzare.

 

Come soluzione atta ad evitare continui contrasti e scontri, da più di mezzo secolo si punta sull’omologazione, utilizzando l’educazione. È diventato quasi un assioma affermare che bambine e bambini, uomini e donne per meglio comprendersi e accettarsi, non potendo essere, almeno per il momento uguali, sarebbe bene fossero per quanto possibile molto simili tra loro. Per raggiungere questa finalità e per fare in modo che non vi sia alcuna differenza, si ritiene utile che uomini e donne siano educati allo stesso modo, vestano in modo simile, si comportino allo stesso modo, abbiano lo stesso linguaggio, s’impegnino nelle stesse attività lavorative e sociali.

Anche in questo campo, pur di non affrontare le difficoltà di una relazione tra diversi, si è preferito scegliere lo scontro o l’omologazione, senza curarsi del fatto incontestabile che la diversità, sia nel campo delle relazioni tra popoli, sia soprattutto nelle relazioni tra i sessi, che sono portatori di specifiche e particolari qualità e capacità, quando è accettata, accolta e ben gestita, è non solo utile ma preziosa. Essa offre la possibilità di un notevole arricchimento reciproco, che non si potrebbe assolutamente ottenere in altro modo.

Al contrario, quando la diversità è contrastata o negata, si ottiene non solo un impoverimento personale e sociale ma, inevitabilmente, si provoca l’insorgere di notevoli e gravi incomprensioni, contrasti e scontri violenti. La prova più evidente della ricchezza apportata dall’integrazione è presente in ognuno di noi. È noto, infatti, che l’Io dell’individuo nasce e si sviluppa proprio mediante le prime relazioni che egli instaura con soggetti diversi da lui. Dapprima ogni bambino che nasce si confronta con la madre, subito dopo con il padre e poi con gli altri suoi familiari: fratelli, sorelle, nonni, zii. In seguito, quest’Io che è nato proprio dal rapporto con gli altri e dall’integrazione delle differenze, ha la possibilità di crescere, divenendo sempre più maturo, responsabile, duttile, forte e culturalmente ricco, proprio mediante il confronto e la parziale inclusione di pensieri, esperienze, sensazioni ed emozioni trasmesse da persone che possiedono età, sesso, pensieri, caratteristiche sociali e individuali diverse dalle proprie. Come dice Roberto[2]: “Senza il confronto con la differenza, e cioè senza la relazione, non si porrebbe l’identità. Senza l’altro l’Io non sarebbe: per questa ragione l’Io dovrà imparare a dialogare con l’altro, e solo dialogando con l’altro, l’Io troverà un’armonia con se stesso”.

Detto questo, non possiamo tuttavia sottovalutare quanto sia complesso e difficile affrontare le diversità. Nel caso dell’incontro uomo - donna bisogna saper sfidare sia le problematiche legate alle diverse caratteristiche individuali, sia quelle dovute all’identità e al ruolo di genere. Questo percorso relazionale è sicuramente impervio, tanto che è necessario possedere una buona maturità e serenità personale per riuscire a compierlo. Questo percorso è certamente faticoso, tuttavia è un cammino indispensabile, se si vuole raggiungere una crescita personale e sociale.

 

 

Per Roberto[3]:

“La quotidiana convivenza con la diversità ci mette in confronto e pone problemi tali da non poter essere ignorati, ma anzi spinge verso l’adozione di strategie culturali e d’accoglienza. Un confronto che implica la disponibilità, da parte degli individui che entrano in relazione, a mettere in discussione le proprie credenze, i propri valori, i presupposti di base su cui noi stessi costruiamo la nostra identità sia individuale che collettiva. Ma tale disponibilità richiede non solo il coraggio di cambiare, ma anche l’impegno che deve essere profuso nella trasformazione, nonché la capacità di affrontare i costi psicologici, sociali ed economici che sono necessari per il cambiamento”.

È evidente che se nei riguardi degli atti e dei comportamenti del sesso opposto, disponiamo il nostro animo alla fiducia, alla disponibilità e all’ascolto, saranno più facili l’intesa, l’incontro e l’accoglienza. Se invece siamo portati a giudicare negativamente e con sospetto ogni parola o comportamento di chi ci sta accanto, oppure se la nostra mente è permeata da molti, intensi e coinvolgenti pregiudizi, tutte le relazioni che intraprenderemo con l’altro sesso, anche quelle che a noi, nell’esaltazione della fase dell’innamoramento, ci appaiano splendide e meravigliose, anche quelle saranno, dopo poco tempo, influenzate negativamente. Cosicché questi rapporti perderanno, in breve tempo, ogni fascino e ogni attrattiva, così da farci assumere i soliti atteggiamenti di esclusione consistenti in repulsione, allontanamento, lotta o, al massimo, nell’assurda richiesta di una piena e totale omologazione.

Purtroppo questo è ciò che è avvenuto negli ultimi decenni, da quando il femminismo e l’individualismo più esasperato hanno sparso a piene mani, tra uomini e donne, acredine, invidia e sospetto reciproco, mettendo in tal modo i due sessi l’uno contro l’altro. Pertanto, come succede per ogni situazione impostata su questi presupposti, è diventato quasi una costante, il piacere di demolire e contrastare l’immagine positiva del sesso opposto.

Da molti, troppi anni, non passa giorno che non siano esaltate le maggiori e migliori qualità femminili e le loro “conquiste” in tutti i campi dello studio, della politica, del lavoro e della famiglia mentre, contemporaneamente, sono denigrati e stigmatizzati, in maniera spesso ingenerosa e ingiusta, tutti i comportamenti maschili, sia del passato sia del presente. E ciò non solo quando questi atti realmente hanno leso, ledono o potrebbe danneggiare in modo grave il corpo, l’immagine, la dignità e la sensibilità delle compagne, ma anche quando sono semplicemente “diversi” e pertanto richiederebbero un maggiore sforzo di comprensione e accoglienza.

Da vari lustri il nemico “uomo” è diventato agli occhi di molte donne “l’essere cattivo”, che ha tenuto schiavo il genere femminile del passato, “l’essere falso e bugiardo”, poiché ogni cosa che propone e richiede ha come scopo riportare la donna in una condizione di sudditanza sociale, per continuare a relegarla in un ruolo subalterno dal quale si è finalmente liberata, l’uomo è diventato “l’essere traditore ed infido”, pronto ad abbandonare e ingannare le aspettative di ogni donna che scioccamente pone in lui fiducia e speranza e infine, “l’essere arrogante, aggressivo e violento”, il quale ghermisce con sopraffazione il corpo e lo spirito delle fanciulle che incontra sul suo cammino, ferendo e uccidendo quelle che si oppongono ai suoi desideri lascivi, ai suoi capricci, nonché ai suoi bisogni egoistici. Pertanto l’uomo, ormai da molti decenni è diventato l’essere dal quale proteggersi, l’essere da controllare, temere e, quando è il caso, denunciare alle prime avvisaglie di sopraffazione o violenza, per evitare di essere preda delle sue continue nefandezze. Nelle testimonianze raccolte da Belotti, gli uomini sono definiti dalle loro compagne come: noiosi, prolissi, antipatici, odiosi, prevaricatori, avari, meschini, sprezzanti, sessualmente egoisti, presuntuosi, competitivi, complessati, inibiti, conformisti, tristi, ecc.”[4].

Ma così come di solito avviene tra “nemici”, anche l’uomo ormai da molto, troppo tempo, ha sviluppato anticorpi e difese nei confronti del sesso opposto, intravedendo e sottolineando nell’essere femminile tutti i possibili tratti problematici o negativi, in qualche modo e in qualche caso presenti, pur di difendersi e contrattaccare. Pertanto anche per l’uomo l’elenco delle accuse verso l’altro sesso è diventato lungo, ma altrettanto ingiusto e ingeneroso, come quello stilato dalle donne.

Le accuse a quello che una volta era il “gentil sesso” da sognare, idealizzare, proteggere e per cui spasimare, riguardano l’alterigia, l’instabilità d’umore, la facile irritabilità e l’incontentabilità, nonché la sempre maggiore arroganza, aggressività e violenza, espressa in modi tali che, se è difficile o impossibile dimostrarla davanti a un giudice, perché fatta più di parole e comportamenti che non di lesioni fisiche, sarebbe spesso gravemente presente in molti rapporti di coppia.

Le critiche e i giudizi negativi non finiscono qui. Le donne sono accusate di essere molto volubili, di seguire in modo dissennato le mode del momento, senza compiere alcuna valutazione razionale, cosicché spesso il loro modo di vestire appare in alcuni casi sciatto e informe, mentre in altri casi è chiaramente ridicolo e volgare. Per non parlare delle scarse capacità nella cura dei figli, della casa, nonché degli uomini che, per loro disgrazia, si legano ad esse. Inoltre come fidarsi delle donne se queste, avvertendo e seguendo, senza molto riflettere e valutare, ogni impulso del momento, dettato dai loro volubili sentimenti, emozioni o capricci, sono facilmente disponibili al tradimento sentimentale e sessuale? E infine che fiducia avere nei loro confronti quando è evidente che molte di esse, dopo aver tradito il loro uomo che dicevano di amare, sono pronte a togliergli non solo l’onore e i beni ma anche l’amore dei figli?

Che da questa concezione negativa delle persone dell’altro sesso, possano nascere segni di reciproca incomprensione e conflittualità, che in un momento successivo, potrebbero sfociare in comportamenti e atti aggressivi, è qualcosa di facilmente prevedibile e anche difficilmente evitabile.

La scomparsa di un corretto galateo tra i sessi

Una delle tante conseguenze della presenza di una continua e incessante lotta tra uomini e donne, è stata la scomparsa quasi totale di ogni indicazione che, nelle generazioni passate, era presente nel galateo tra i due sessi. Queste indicazioni imponevano agli uomini e alle donne una serie di precisi comportamenti, atti a proteggere, curare, rispettare, far stare bene e rassicurare l’altro. Queste indicazioni e consigli che venivano dati dalla società nel suo complesso, ma soprattutto dai genitori ai figli, permettevano a ogni uomo e donna di avere una base sicura dalla quale muoversi, nel momento in cui volevano confrontarsi con il sesso opposto, per intraprendere e costruire un rapporto armonioso, rispettoso e stabile.

Sia agli uomini sia alle donne, tenendo presenti le loro caratteristiche peculiari, erano indicate le migliori norme per proteggere, aiutare, rassicurare, gratificare, rendere sereno e per quanto possibile lieto, l’altro sesso. Queste istruzioni erano così cogenti e numerose, da apparire oggi assolutamente poco credibili e fuori luogo. L’episodio personale che qui descrivo ne è un esempio.

Il mio vecchio padre soffriva da molto tempo del morbo di Parkinson. Mi ero reso disponibile a curarlo personalmente ma, data la patologia cronica e ingravescente, i risultati erano stati modesti. Pertanto, tenendo conto della mia giovane età e della mia scarsa esperienza nel settore, mi chiese di prenotargli una visita presso un altro specialista, molto più anziano di me e sicuramente molto più illustre, che visitava a Roma. Naturalmente acconsentii subito alla sua richiesta e così prenotai anche l’aereo per la Capitale. Il viaggio di andata si svolse senza particolari problemi, tranne le continue attenzioni e l’aiuto che dovevo necessariamente fornire al vecchio genitore, quando era costretto a camminare, sedersi, alzarsi e, soprattutto, quando fu costretto a salire le scalette dell’aereo che, a quel tempo, erano piuttosto strette e ripide.

I guai cominciarono quando arrivammo nella clinica privata, dove visitava l’illustre collega neurologo. Data la fama di questi, i pazienti presenti nella sala d’attesa erano numerosi, per cui riuscii con difficoltà a trovare una sedia nella quale sistemare il traballante genitore. Contento e soddisfatto della mia impresa, aspettavo in piedi che la gentile segretaria ci chiamasse quando, dopo pochi minuti, alzando gli occhi dalla rivista che avevo appena iniziato a leggere, lo vidi alzarsi di scatto per cedere il suo posto a una donna molto più giovane e sicuramente molto più stabile di lui. Assolutamente conscio delle problematiche motorie e dello scarso equilibrio dell’anziano genitore non persi tempo nel cercare un altro posto dove farlo accomodare.

Cercando nuovamente di rilassarmi ritornai a leggere gli articoli della rivista quando, alzando gli occhi, lo rividi nuovamente in piedi, mentre il suo posto era occupato da un’altra donna. A questo punto non riuscii a trattenermi dal rimproverarlo, anche se in modo affettuoso, per quel gesto imprudente, facendogli notare che, a causa della sua instabilità motoria, rischiava di cadere da un momento all’altro. Fui tuttavia sopraffatto e bloccato dalla sua risposta ferma e decisa: “Io, uomo, non posso starmene tranquillamente seduto, mentre una signora è in piedi”.

Rassegnato, andai nuovamente alla ricerca di un’altra sedia!

Prima che arrivasse il suo turno, la stessa scena si ripeté più volte: immancabilmente mentre io mi affannavo a cercare e trovare una sistemazione più sicura per lui, in qualche poltrona o sedia che fosse, egli, con uno scatto fulmineo, anche se barcollando, si alzava per cedere il suo posto a ogni donna che entrava nella sala d’attesa.

Dopo la breve visita, ritornando all’aeroporto, m’illusi che i problemi dovuti all’estrema sua disponibilità e cortesia nei confronti del genere femminile fossero terminati, anche perché, nelle sale d’attesa, vi erano molti posti liberi. Tuttavia qualcos’altro colpì la sua attenzione. Proprio accanto a noi si era seduta una donna di non più di quarant’anni. Dopo aver saputo che la signorina viaggiava da sola, nel mio vecchio padre emerse immediatamente il mai sopito istinto cavalleresco, pertanto non poté esimersi dal prendere la donna sotto la sua ala protettrice.

Le richieste nei miei confronti affinché nulla mancasse alla solitaria viaggiatrice erano categoriche: “Lo sai che negli aeroporti vi possono essere dei ladri? Che aspetti a sistemare la valigetta della signorina accanto a noi?” “Non rimanere lì impalato, vai al bar a comprare quello che la signorina desidera, non può certamente rimanere a digiuno!”. “Chiedile se deve andare ai servizi e in tal caso accompagnala”.

Anche durante l’imbarco egli non riuscì ad esimersi dal prestare il suo sostegno e i suoi servizi da perfetto gentiluomo alla donna. Pertanto, agli osservatori si offrì uno spettacolo che oggi apparirebbe assolutamente incredibile: quello di un giovane figlio, costretto a tenere con una mano una valigia, mentre con l’altra cerca di aiutare il vecchio padre disabile che, sbilenco, si arrampica sui gradini di una ripida scaletta di aereo, rischiando in ogni momento di cadere, mentre questi, dal canto suo, non può esimersi dal tenere ben stretta in mano, la valigetta d’una giovane donna la quale, con fare spedito, sicuro e leggiadro, precede tutto il gruppo!

Il compito del vecchio gentiluomo terminò soltanto quando, arrivati all’aeroporto di Catania, poté consegnare al genitore della signorina, sana e salva la figlia, che aveva curato e protetto per tutto il tempo del viaggio.

Dicevamo una scena poco credibile oggi, giacché tali comportamenti, non soltanto non sono valorizzati, ma da molto tempo sono aborriti e anche completamente aboliti sia dagli uomini sia dalle donne. Ognuno, uomo o donna che sia, non importa se giovane o anziano, si sente in diritto di comportarsi nei confronti dell’altro sesso, così come gli aggrada in quel momento, senza tener presente la sensibilità e le attese di chi dovrebbe rispettare e, soprattutto, senza tener in alcun conto i bisogni e le necessità di chi ha di fronte o si trova accanto a lui. Se gli uomini non pensano affatto a cedere il posto alle donne sull’autobus o in metropolitana, né sono disposti a pagare il conto dell’amica al ristorante o portare i libri della compagna quando si recano insieme a scuola, le donne,da parte loro, non sono assolutamente disponibili a ricambiare con qualche altra gentilezza o cortesia l’altro sesso. Ognuno di loro, chiuso nel suo egoismo, pensa piuttosto a come difendersi e offendere piuttosto che al modo migliore per aiutare, assistere e far piacere all’altro.

Con tali comportamenti è facile capire come tra i due sessi siano diventati molti più frequenti gli atteggiamenti che fanno soffrire piuttosto che quelli che fanno gioire. Altrettanto facile immaginare quanto siano più numerosi i comportamenti che rendono insicuro, irritabile e aggressivo chi ci sta accanto, piuttosto che i gesti e le parole atti a rassicurare, rasserenare e proteggere. La disponibilità a un piccolo o grande sacrificio, pur di essere vicini e aver cura dell’altro, è considerata retaggio di lontani periodi storici, quando uomini e donne erano schiavi di questi comportamenti ed atteggiamenti altruistici e cavallereschi.

Tutto ciò è avvenuto, lo sappiamo benissimo, nel momento in cui l’uguaglianza nella dignità e nella responsabilità dei sessi è stata trasformata in uguaglianza nei ruoli, nei comportamenti, nelle aspirazioni, nei desideri, negli atteggiamenti e nei comportamenti. “Se la donna che sta accanto a me, uomo, è come me, perché dovrei cederle il mio posto in autobus o in metropolitana? Perché dovrei usare un linguaggio attento alla sua sensibilità? Perché dovrei esentarla dagli impegni e lavori più difficili, gravosi, sporchi o pericolosi? Perché mai dovrei proteggerla e rassicurarla? Si arrangi!”

D’altra parte, se non tutte, anche molte donne rese, almeno apparentemente, sicure e forti delle loro idee di uguaglianza, non accetterebbero più di essere trattate con la delicatezza e l’attenzione riservate alle loro madri e nonne del passato; così come non accetterebbero di essere esentate dai lavori più pericolosi e gravosi; né tantomeno vorrebbero essere escluse dall’ascoltare i racconti, le parolacce e le barzellette più spinte e piccanti.

Questi comportamenti maschili, che una volta erano spontanei e naturali, oggi sarebbero giudicati come un venir meno dei principi di uguaglianza e quindi significherebbe per loro sentirsi trattate come “donnicciole d’altri tempi” e non come delle donne forti, sicure di sé, coraggiose, impavide, pienamente libere ed emancipate, che non hanno alcun bisogno di protezione e cura da parte del sesso opposto.

La stessa cosa avviene per il sesso femminile: “Se l’uomo che è accanto a me è come me, se uomini e donne siamo uguali, perché dovrei essere attenta ai suoi bisogni? Perché dovrei rispettare la sua sensibilità nei riguardi dei temi e delle situazioni che più possono turbarlo o metterlo in difficoltà? Perché dovrei stare attenta a non sollecitare la sua gelosia? Per quale motivo dovrei rispettare la sua dignità, la sua virilità e il suo onore? Perché dovrei rinunciare a vestire come mi pare, usare il linguaggio che desidero, comportarmi con il cameratismo che mi aggrada, solo perché a lui e agli altri uomini, queste cose danno fastidio? E poi perché dovrei aver cura di lui, preparargli da mangiare, lavare e stirare la sua biancheria, se tutte queste cose lui le potrebbe fare da solo, con le sue mani?”

Quest’altro episodio può meglio chiarire quali tipi di rapporti tra i sessi, in questi anni abbiamo contribuito a costruire.

Com’è risaputo oggi quando siamo in treno, in autobus o in metropolitana, volenti o nolenti siamo costretti ad ascoltare quello che il vicino di posto comunica usando il suo cellulare. Di solito cerco di astrarmi e non seguire quanto viene detto attorno a me, sia per il fastidio che ciò mi provoca, sia per un certo senso di pudore. Tuttavia in un mio recente viaggio in treno non sono riuscito a fare ciò. Troppo strane e bizzarre erano le frasi che ascoltavo dall’uomo seduto di fronte a me, per riuscire ad escluderli dalla mia mente. Quest’uomo, sulla cinquantina, ben vestito e rasato, con un viso allegro e soddisfatto, che tra l’altro, ho saputo in seguito, eseguiva un’importante e responsabile attività lavorativa, non faceva altro che registrare e inviare messaggi vocali con frasi davvero strane: “Sai cosa fai, Salvatore?, Quel gatto della tua ex, buttalo fuori di casa e poi puoi sempre dire a lei che è scappato”. E subito dopo un altro messaggio: “Oppure, ascoltami bene, Salvatore, puoi fare ancora meglio: invita la tua ex moglie a pranzo e servile il gatto cotto al forno con contorno di patatine, ma non le dire niente se non alla fine del pranzo”. E ancora: “Va bene, se non vuoi farlo tu, lascia entrare il gatto quando il tuo pitbull è libero, in giro per la casa e aspetta che sia lui a sbranarlo”.

Durante il viaggio, ridendo, ci tenne a spiegarmi che l’ex moglie del suo amico era andata in vacanza e aveva lasciato a quest’ultimo la cura del suo gatto. E poiché questo compito non era gradito all’amico, lui si era sentito in dovere di dargli qualche prezioso e utile consiglio!

Naturalmente il tutto era detto con un sorriso e c’è da sperare che non dicesse sul serio quando incitava l’amico a far gustare all’ex moglie quel particolare menù. Tuttavia i segnali del tipo di rapporti che oggi spesso sono presenti tra uomini e donne, specie tra separati, sono a volte di questo tenore.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Ti odio!", Conflitto, aggressività e violenza tra i sessi.  Per scaricare gratuitamente l'intero libro clicca qui.


[1] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Torino, Bollati Boringhieri, p.77.

[2] Roberto R., (2016), “La violenza intrafamiliare”, Il consulente familiare, aprile – giugno, p.  13.

[3] Roberto R., (2016), “La violenza intrafamiliare”, Il consulente familiare, aprile – giugno, p. 12.

[4] Slepoj V. (2005), (Milano), Le ferite degli uomini, Arnaldo Mondadori Editore, p. 138.

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