L'aggressività nei vari periodi della vita e nei due sessi

L'aggressività nei vari periodi della vita e nei due sessi

 

L'aggressività nei vari periodi della vita e

nei due sessi

 

 

Autore: Emidio Tribulato

L’aggressività nei vari periodi della vita

L’aggressività può essere presente in ogni periodo della nostra vita. Fin dalla più tenera età il bambino è in grado di manifestare il suo dispiacere e ancor prima la sua collera: effettivamente esiste un continuum tra le reazioni alla mancanza ed alla frustrazione…e la manifestazione di rivendicazioni più o meno aggressive nei confronti di chi gli sta attorno[1].  

Tuttavia sappiamo che i motivi che la scatenano sono diversi, così come sono diverse le modalità con la quale si manifesta. L’età è importante nella gestione dei conflitti. Dalle ricerche emerge che i soggetti più giovani ottengono punteggi più bassi rispetto ai più “maturi”. Ciò fa supporre che le competenze legate alla capacità di gestire i conflitti possono essere influenzate, anche a livello neurobiologico, dalle reti neurali delle aree cerebrali prefrontali che si completano dopo i vent’anni[2]. Queste aree, ricordiamolo, sono implicate nella pianificazione dei comportamenti cognitivi complessi e nella moderazione della condotta sociale.

Nel lattante l’aggressività nasce soprattutto quando le sequenze abituali non sono rispettate, e i genitori non comprendendo o non rispondendo prontamente ai bisogni del loro piccolo, non si adoperano verso di lui nei modi e nei tempi soliti e a lui più congeniali; oppure quando il piccolo dalle parole, dallo sguardo, dal modo con il quale viene manipolato dai genitori, avverte di non essere un figlio compreso, accettato e amato. In questi casi egli manifesta il suo disappunto stringendo i pugni, rifiutando il cibo, sputando o mordendo il capezzolo.

Nel bambino di due- tre anni la rabbia e la collera possono nascere quando il bambino si sente eccessivamente frenato, contrastato, frustrato nei suoi bisogni e desideri. Ad esempio, quando è frequentemente ostacolato nella sua necessità di movimento; quando è bloccato nei suoi giochi o nelle necessità che egli ha e che sono insiti nei suoi bisogni di crescita, di scoprire il mondo e gli oggetti che lo circondano; oppure quando è limitato o bloccato mentre vorrebbe esercitare e manifestare a se stesso o agli altri le sue capacità, la sua forza, la sua bravura. In questi e in tanti altri casi l’aggressività assolve il compito di far capire ai genitori il suo bisogno di acquisire forza, agilità ma anche maggiore libertà e autonomia. Altre volte, invece, l’aggressività nasce dal bisogno del bambino di punire pesantemente i suoi genitori che si sono allontanati da lui per un tempo eccessivo, lasciandolo preda dell’insicurezza e delle paure. In altri casi ancora i comportamenti irritati possono avere lo scopo di far comprendere agli adulti i suoi bisogni di ascolto, coccole e carezze. 

 

 

Le manifestazioni dell’aggressività del bambino possono essere molto varie: alcuni piccoli gridano, pestano i piedi, tentano di colpire gli adulti con pugni e calci o cercano di morderli; altri invece preferiscono scaricare la propria rabbia sugli oggetti che hanno in mano, distruggendoli, oppure rifiutano il cibo, espellono in modo incontrollato le feci e le urine, sputano per terra. In altri momenti possono soltanto limitarsi a guardare con risentimento e astio le persone che li ostacolano. Solo i bambini più grandicelli riescono a esprimere il loro risentimento mediante parole di accusa.

Il bambino che ha una notevole aggressività interiore, come può essere un bambino autistico o molto disturbato, spesso alterna manifestazioni aggressive e di caos a comportamenti nei quali manifesta il bisogno di ordinare e ricomporre.

Verso i quattro anni il bambino, se sufficientemente maturo per l’età, esprime la sua aggressività verbalmente, mediante le sue fantasie, i suoi giochi e non più con i gesti.

Nell’età scolare le crisi di collera sono spesso dovute alle difficoltà che il bambino ha di ben relazionarsi con i coetanei, con gli insegnanti, ma anche con gli apprendimenti e i tanti doveri che le attività scolastiche gli impongono: fare i compiti, restare seduti e attenti nei banchi per molto, troppo tempo, affrontare lo stress delle interrogazioni, essere continuamente valutati, giudicati e così via. Inoltre, sempre a quest’età, il bambino riconosce facilmente i dissapori familiari ma, non riuscendo a porvi rimedio, si arrabbia a volte verso l’uno o l’altro genitore, colpevoli di creargli ansie, insicurezze e paure. In questi casi può rivolgere la rabbia anche verso se stesso, poiché per qualche motivo si ritiene responsabile dei loro contrasti o si giudica incapace di porvi rimedio.

Anche nel bambino, come nell’adulto troviamo forme aggressive immediate, forme differite e forme socializzate[3]. Le manifestazioni dell’aggressività infantile, nonostante siano più intense ed eclatanti di quelle degli adulti, sono per fortuna anche più fugaci. Spesso il bambino che non presenta importanti problematiche psicologiche, dopo aver gridato e pestato i piedi o aggredito con calci e pugni la madre e il padre, subito dopo, con facilità, tornerà a rifugiarsi nelle loro braccia, manifestando intensi sentimenti d’affetto e d’amore.

Nell’adolescenza l’aggressivitàpuò nascere da varie cause. Uno dei più frequenti motivi è dato dall’insicurezza che l’adolescente prova nel confrontarsi con gli altri coetanei. Insicurezza non solo sulle qualità del suo corpo, ma anche sulle personali doti intellettive, fisiche o morali, nonché sulle sue capacità seduttive nei confronti dell’altro sesso. Altri motivi di comportamenti e sentimenti aggressivi sono legati al bisogno che questi ha di affermare la propria autonomia, nei confronti dei propri genitori e degli adulti in genere. Per fortuna, frequentemente queste particolari emozioni aggressive degli adolescenti sono canalizzate nelle attività sportive o nelle competizioni scolastiche.L’adolescente rivolge le sue crisi di rabbia e collera non solo verso i genitori, dai quali pensa di non essere capito nei suoi bisogni di autonomia e di libertà, ma anche verso i compagni, quando non si sente rispettato e verso gli amici, quando si accorge di essere da loro tradito. Poiché comprende che, facendo del male fisico agli altri, la punizione potrebbe essere molto grave, spesso preferisce rivolgere la sua aggressività verso gli oggetti: rompe i piatti, dà calci ai mobili, sbatte le porte.

 

 

L’aggressività dell’adulto nasce da molteplici fattori e si manifesta soprattutto sul piano verbale ma, a volte, sono purtroppo evidenti ed eclatanti anche le manifestazioni sul piano fisico.

L’aggressività nell’anziano. Conflitti e comportamenti aggressivi sono presenti anche a un’età avanzata. Nella donna sono causa di ansia, stress e facile irritabilità, le importanti variazioni ormonali, presenti nella menopausa, ma anche e soprattutto l’accorgersi con timore della presenza nel corpo di vari segni d’invecchiamento: rughe, macchie sulla pelle, tessuto poco elastico, maggiore adiposità e altri inestetismi.

Se psicologicamente l’aspetto estetico procura nell’uomo meno ansia, egli è invece maggiormente colpito e preoccupato a causa delle maggiori difficoltà che può presentare nel campo sessuale e lavorativo. In entrambi i sessi, durante questo periodo, si può accentuare l’insoddisfazione, a causa di un bilancio negativo della propria vita, che stimola a cercare di recuperare il tempo perduto. Pertanto entrambi i sessi nelle moderne società tendono a lasciarsi andare a nuove avventure e a nuovi rapporti amorosi e sessuali, con conseguente crisi e rottura dei legami precedenti.

L’aggressività nei due sessi

 

Uomini e donne vivono l’aggressività per cause e motivazioni diverse. Inoltre anche la gestione e le manifestazioni legate all’aggressività sono, almeno in parte, collegate al genere sessuale.

 Le reazioni alle frustrazioni. Queste sono diverse in base alla personale sensibilità e ai propri vissuti interiori ma sono anche diverse rispetto alle maggiori o minori aspettative presenti nei due sessi. Le donne risentono maggiormente delle frustrazioni quando queste sono legate agli aspetti sentimentali della relazione e alla cura ed educazione dei figli, mentre gli uomini soffrono maggiormente delle frustrazioni vissute nel campo sociale, lavorativo e sessuale.

La variabilità ormonale. Un maggiore o minore atteggiamento irritante e aggressivo è collegato, in entrambi i sessi, alla variabilità ormonale. Poiché questa variabilità è maggiore e più evidente nel sesso femminile, a causa della presenza del ciclo mestruale, un maggiore atteggiamento e comportamento irritabile e aggressivo è presente nelle donne nel periodo premestruale, mentre al contrario una maggiore accettazione e una migliore gestione degli impulsi irritanti e bellicosi è presente nel periodo preovulatorio.

Le espressioni dell’aggressività. L’osservazione di bambini in situazione di gioco spontaneo permette di verificare come i maschi prediligano forme di gioco e d’interazione con un più alto contenuto aggressivo[4]. Nonostante che, in entrambi i sessi, con l’aumento dell’età e con la maturità, vi sia una netta diminuzione dell’uso delle manifestazioni fisiche dell’aggressività, quando queste sono presenti si manifestano maggiormente nei maschi. Inoltre questi ultimi, quando sono particolarmente arrabbiati, per difendersi o offendere, più che le parole, tendono a utilizzare il proprio corpo, mediante calci pugni, spintoni, sputi, schiaffi o, nei casi estremi, possono far uso di vere e proprie armi cruente.

 

Nelle femmine, la minore forza fisica ma anche l’inferiore quantità di testosterone presente in circolo, le stimola a utilizzare, per difendersi e attaccare, strumenti non di tipo corporeo. Le donne pertanto, se irritate o provocate, per aggredire e far del male, preferiscono affidarsi al linguaggio verbale, mediante frasi ingiuriose; oppure fanno ricorso ai ricatti morali, rifiutando il dialogo o le manifestazioni affettive e sessuali. A questi comportamenti possono aggiungersi, nei casi più gravi, anche l’allontanamento fisico e l’esclusione dell’altro dalla propria casa, dalla propria vita, dai figli e dal gruppo familiare o amicale, ma anche la messa in atto di una serie di strumenti legali e morali atti ad arrecare il maggior danno psicologico, economico e sociale alla persona verso la quale avvertono aggressività e rancore.

Quando in casi estremi, per fortuna rari, le donne sono decise a far del male fisico o anche uccidere il loro partner, il loro persecutore o nemico, preferiscono utilizzare strumenti non cruenti, come il veleno. In altri casi, pur di eliminare fisicamente la persona odiata, cercano il sostegno di altri uomini come il padre, i fratelli, l’amante o il nuovo compagno.

Un’altra diversità fondamentale riguarda la comunicazione ad altre persone o all’autorità giudiziaria delle violenze subite, per chiedere una punizione, un aiuto o un risarcimento. Mentre i maschi hanno una notevole resistenza a comunicare, confessare e ammettere di essere stati aggrediti o molestati dalle donne, perché temono che ne esca compromessa la loro immagine di uomini forti e virili; le donne, al contrario, nel momento in cui subiscono una qualunque aggressione o molestia, molto più facilmente avvertono, a volte anche a distanza di anni, il bisogno di far rilevare ogni comportamento e atteggiamento violento o molesto subito, pur di vendicarsi, farsi compatire o cercare protezione e accoglienza nel cuore degli altri.

Per quando riguarda le persone che subiscono l’aggressività, mentre la violenza fisica dei maschi si esprime soprattutto verso gli altri maschi adulti e le donne, l’aggressività fisica femminile si manifesta soprattutto verso i figli piccoli o altri minori che, per le loro caratteristiche, sono per lo più incapaci di una difesa attiva.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Ti odio!", Conflitto, aggressività e violenza tra i sessi.  Per scaricare gratuitamente l'intero libro clicca qui.



[1] Ajuriaguerra J. De e Marcelli D., (1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, p. 183.

[2] Barberi M., (2016), “Conflitti senza violenza”, Mente e cervello, n. 135, marzo, p. 39.

[3] Ajuriaguerra J.(1993), Manuale di psichiatria del bambino, Masson, Milano, p. 479.

[4] Slepoj V. (2005), (Milano), Le ferite degli uomini, Arnaldo Mondadori Editore, p. 137.

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