Prevenzione dei conflitti di coppia

Prevenzione dei conflitti di coppia

 

 

 

Se vogliamo diminuire, se non debellare, l’aggressività, la violenza e i conflitti presenti nelle coppie e nelle famiglie, è evidente che bisogna agire sulle cause che li determinano.  La modifica dell’ambiente sociale e familiare nel quale vive la coppia è fondamentale per attuare una prevenzione primaria che miri a evitare che nelle coppie esplodano dei conflitti talmente frequenti e intensi che è difficile affrontarli adeguatamente.

Immaginare, come attualmente spesso viene fatto, che questi fenomeni possano essere affrontati quasi esclusivamente mediante leggi sempre più severe e repressive, quasi sempre da applicare nei confronti di uno dei due generi: il sesso maschile, è non solo moralmente discutibile, ma è anche fondamentalmente errato, poiché non vi è dubbio che la violenza, anche se con modalità e strumenti diversi, è espressa da entrambi i sessi, mentre le vere cause dei problemi delle coppie vengono da molto lontano e sono molteplici e profonde.

Inoltre l’atteggiamento di costante criminalizzazione del sesso maschile è controproducente, poiché accentua sia una maggiore reattività femminile ad ogni atteggiamento, anche il più spontaneo e ricco di buone intenzioni che proviene dall’altro sesso, sia la rabbia dei maschi, che si sentono sistematicamente e ingiustamente accusati, oltre che sminuiti, nelle loro qualità affettive, intellettive, psicologiche, etiche e morali. D’altra parte è illusorio pensare di superare la violenza con altra violenza, in una perpetua, coatta, ripetizione. È possibile debellare l’aggressività e le violenze, che spesso ne conseguono, soltanto riconoscendo le circostanze e le condizioni che la generano e poi lavorando coraggiosamente per evitarle[1]. Intervenire in maniera efficace su buona parte se non su tutte le problematiche presenti nelle coppie e nelle famiglie, mediante opportune terapie è oggi praticamente impossibile, dato l’enorme numero di coppie e famiglie squassate da conflitti, aggressività e violenze. Sarebbe come cercare di svuotare il mare con un cucchiaio.

Fatte queste fondamentali premesse, e in attesa che la società civile, le leggi dello stato e i servizi deputati alle coppie e alle famiglie, come i Consultori Familiari, finalmente s’impegnino in un’attività di prevenzione e promozione, così da riuscire ad eliminare, se non tutte almeno una buona parte delle cause più importanti che creano i conflitti, le singole coppie potranno sicuramente migliorare il loro rapporto, nel momento in cui saranno riuscite a tener conto di alcuni concetti basilari.

1.     Tutte le relazioni sono difficili

Non ci sono relazioni facili. Non esistono relazioni che non richiedano impegno, sacrificio o che siano esenti da momenti di tensione e sofferenza. Anche quando ci poniamo in un rapporto molto semplice, come può essere quello con un animale da compagnia: un cagnolino dagli occhi dolci e teneri o un gattino affettuoso da coccolare e accarezzare, anche in questi casi, insieme a dei momenti di gratificazione, piacere e gioia, vi saranno sicuramente dei periodi di difficoltà, impegno e sacrificio. Non solo, ma è naturale che in alcuni momenti, possano emergere momenti d’irritazione e insofferenza: “Vorrei fare un bel viaggio con le mie amiche, ma cosa devo fare di questo gattino?” “Che seccatura questa cagnetta: quante vaccinazioni da praticarle e quanti soldi che devo spendere per nutrirla, pulirla e curarla!”; “Il mio cagnolino non vuole saperne della mia stanchezza e del fatto che spesso soffra d’insonnia! Che ci sia sole o pioggia, che sia un giorno di vacanza o di lavoro, che io abbia dormito oppure no, alle sette del mattino vuole sempre uscire per fare la sua passeggiatina!”

Dovrebbe inoltre essere facile riconoscere che le relazioni umane sono notevolmente più complesse e difficili di quelle che possiamo instaurare con un animale, pertanto è naturale che necessitino, oltre che di tanta serenità e maturità interiore, anche di una grande disponibilità all’impegno e al sacrificio, insieme a tanta pazienza, capacità d’accettazione e sopportazione.

2.     Le relazioni sono molto più difficili quando sono presenti

delle problematiche psicologiche di un certo rilievo.

Le relazioni, tutte le relazioni diventano più difficili, se non impossibili, quando sono inficiate da problematiche psicologiche che alterano o disturbano proprio le capacità nella socializzazione e integrazione con gli altri. Queste problematiche psicologiche le riconosciamo facilmente poiché si evidenziano con ansia eccessiva, depressione, facile irritabilità, paure, fobie, ecc. Questi, e altri sintomi di disagio interiore, influenzano in modo rilevante la comunicazione, l’ascolto, l’intesa e il nostro rapporto con gli altri, specie con le persone a noi più care. In tali casi, quando i disturbi sono intensi, così da far soffrire il soggetto che ne è colpito e le persone a lui vicine, è necessario un attento esame specialistico, affinché sia valutata la gravità delle problematiche e siano indicate le terapie più efficaci per risolverle.

 

3.      Tutte le relazioni possono avere dei momenti di difficoltà o crisi.

Così come non esiste un tempo atmosferico sempre bello, ma periodi e giorni sereni si alternano ad altri tempestosi, nei quali nuvole nere incombono da un cielo tetro, sconvolto da fulmini e tuoni che sembrano scuotere la terra, oltre che impaurire i cuori, allo stesso modo vi sono giorni o periodi nei quali l’intesa di coppia sembra perfetta, cosicché il calore e la gioia si offrono alla coppia come spumeggianti coppe di sciampagne da sorseggiare al chiaro di luna. Tuttavia vi sono altri giorni o altri periodi nei quali gli sguardi arrabbiati, le parole tese, irose e i comportamenti scostanti e irritanti sembrano fatti apposta per incendiare ancor più gli animi, facendo in tal modo del male all’altro, a se stessi e all’unione coniugale. In definitiva le relazioni di coppia non sono qualcosa di stabile e immutabile, anzi il loro equilibrio è spesso instabile e precario, per cui hanno bisogno di continui aggiustamenti. Per tale motivo i conflitti sono presenti, in modo più o meno evidente e in modo più o meno grave e frequente, in tutte le relazioni intime, ma si considerano patogeni solo quando non sono dominati e correttamente gestiti.

4.      È indispensabile comprendere il corretto significato dell’amore.

Intanto è indispensabile accettare che, nel campo amoroso, il nostro compito non può certamente esaurirsi nel godere dell’amore o del piacere che si prova nell’essere amati.

Amare ha ben altri significati.

Come dice Dacquino [2]: “Chi possiede una vera disponibilità affettiva non privilegia l’amore come sentimento, ma come impegno; non si limita quindi a vivere gli affetti ma costruisce su di essi; non vuole comandare ma è disposto anche a servire, non vuole passività ma il fare insieme”. Se la fase dell’innamoramento è fatta per lo più d’illusioni che svaniscono dopo qualche mese o al massimo qualche anno, l’amore è un sentimento profondo che richiede molta volontà, saggezza, costanza, umiltà e coraggio nella sua gestione. Inserirsi in un rapporto amoroso significa essenzialmente iniziare in due, un cammino di crescita nel quale è importante accettare con gioia i bisogni e le istanze dell’altro. Questo cammino richiede una notevole disponibilità all’accoglienza e all’ascolto, tanta delicatezza e tenerezza, il tutto unito ad una notevole dose di responsabilità ed impegno, finalizzati al benessere fisico e psicologico dell’altro.

Pertanto, ad esempio, è necessario un uso molto attento delle parole e delle espressioni che utilizziamo. Queste oggi, purtroppo, non tenendo in alcun conto la sensibilità e la sofferenza dell’altro, spesso corrono in totale libertà e veicolano, nei confronti di chi dovremmo rispettare, amare e proteggere, accuse gratuite ed eccessive, imprecazioni e offese volgari.

Poiché amare significa aver cura e sollecitudine verso la persona che ci sta accanto e fare di tutto, anche con sacrificio personale, pur di riuscire a farla stare bene, sia fisicamente sia psicologicamente, è evidente che bisogna spostare l’obiettivo dell’amore dall’”io” al “tu”. Pertanto non “tu sei mio”, che ha la forma del possesso, ma ”io sono tuo”, nel quale l’amore è donazione[3].   Poiché la dimensione fondamentale dell’amore è la relazione, per amare è necessario dare se stessi attraverso il dialogo, l’amicizia, le tenerezze e le coccole. Amare significa essere comprensivi verso l’altro, non solo accettando i suoi limiti e difetti, ma anche valorizzando le sue qualità.

Amare significa anche vedere la coppia come un’unità, una squadra. Pertanto, insieme si vince e insieme e si perde. Certamente non può essere assolutamente adeguato l’atteggiamento nel quale ci si pone come dei rivali, pronti a godere dei limiti dell’altro, pronti ad azzannarsi e farsi del male, pur di prevalere sull’altro.

Poiché il rapporto di coppia, come ogni relazione interpersonale, si basa sul principio della gratificazione reciproca, amare significa darsi vicendevolmente ed offrire con generosità e gioia alla persona amata le cose più belle che possediamo dentro di noi mentre accogliamo con gratitudine e gioia quanto riceviamo dall’altro[4].

Inoltre, è bene tener presente che ogni nostro atto o sentimento ha bisogno di precise regole. Quando eliminiamo dai nostri comportamenti amorosi e sentimentali la necessaria responsabilità e l’autodisciplina, così da lasciarci guidare e trasportare soltanto dagli impulsi e dai bisogni del momento, diventa quasi impossibile dare stabilità, correttezza ed efficacia alle relazioni solide e fondamentali per la nostra vita. Per tale motivo non è assolutamente valida, ed è anche molto rischiosa, la teoria della spontaneità, che ha condizionato in maniera notevole il comportamento relazionale dell’ultimo mezzo secolo. Questa teoria, tollerando ad oltranza gli elementi istintuali dell’essere umano, ha reso lecita la ricerca di ogni proprio piacere e il soddisfacimento di ogni proprio desiderio, senza tener conto dei bisogni e soprattutto della sofferenza dell’altro[5]. Ciò inevitabilmente ha reso tutti i rapporti sentimentali e amorosi poveri, fragili, ma anche molto conflittuali.

Il vero amore per crescere ha bisogno di stabilità e questa, a sua volta, è fondamentale per il benessere individuale, familiare e sociale. Se la coppia è un’entità molto più forte di quanto lo sia la persona singola, il lavorare per stabilizzare la relazione con un partner permette di avere quella tranquillità interiore e quella garanzia degli affetti che ci può offrire la sicurezza, la serenità e la realizzazione che ognuno di noi ardentemente desidera[6].

 

Il dialogo efficace

La comunicazione è un elemento indispensabile per la vita relazionale. Nella fase iniziale è necessaria per conoscere l’altro, le sue qualità e disponibilità, sia nel dare sia nel ricevere, i suoi bisogni e desideri, le sue possibilità e capacità come futuro marito o moglie, come futuro padre o madre. In una fase successiva il dialogo è indispensabile non solo per scoprire i cambiamenti presenti in chi è a noi vicino, ma anche per riuscire ad adattarsi a ogni nuova e diversa realtà, che le esperienze positive o negative della vita nel tempo apportano.

È difficile immaginare una relazione senza che alla base di questa via sia un buon dialogo. Il linguaggio verbale è sicuramente un importante strumento di dialogo, ma non è l’unico. È altrettanto importante la comunicazione non verbale, fatta di gesti e comportamenti. Un dono, un gesto tenero, un atteggiamento di solidarietà, lo scambio di una sessualità matura, capace di comunicare il nostro amore, la nostra disponibilità e attenzione verso l’altra persona, sono in una coppia comportamenti e atteggiamenti preziosi, quanto e più di mille parole.

Scambiando con la persona che amiamo i nostri pensieri, le nostre paure e le difficoltà che incontriamo giornalmente, il dialogo ci permette sia di farci aiutare dall’altro sia di essere vicino a quest’ultimo con sollecitudine e tenerezza. Pronunciando le parole giuste al momento giusto, riusciamo a dare a chi amiamo il sostegno e il conforto dei quali ha bisogno. Valorizzando le qualità  dell’altro sicuramente potremo migliorarne l’autostima, così da farlo sentire più sereno, forte e sicuro di sé.

Il dialogo efficace si riconosce facilmente poiché riesce a soddisfare i bisogni e le attese della persona con la quale ci relazioniamo; pertanto, è in grado di produrre benessere e serenità alla persona che amiamo, alla coppia e a tutta la famiglia.

Le sue caratteristiche più importanti sono:

La chiarezza, la sincerità e la lealtà.

Affinché il dialogo sia efficace, il linguaggio dovrebbe essere per quanto possibile chiaro, semplice, sincero e trasparente, ma anche onesto e leale. Le bugie, i sotterfugi e ancor peggio i tradimenti delle promesse fatte, sono capaci di minare anche le relazioni più solide. Tuttavia, poiché le parole possono produrre una notevole sofferenza, una comunicazione efficace non consiste nel dire tutto ciò che passa per la mente, ma nel costruire, attraverso l’amore e il rispetto per la sensibilità altrui, un rapporto sincero e leale. Il minimo che si può chiedere a due persone, che si vogliono bene e che vogliono scongiurare conflitti inutili, è quello di evitare di ferire inutilmente l’altro mediante parole, frasi e atteggiamenti, espressi senza essere stati filtrati dal buon senso e dall’opportunità. In definitiva, bisogna assolutamente evitare che la sincerità si trasformi in crudeltà. Pertanto, in ogni relazione anche il tacere ha una grande importanza.

L’accettazione e l’accoglienza

Accettare l’altro significa accoglierne la diversa personalità ed identità sessuale. Accettare l’altro significa accoglierne anche il diverso ruolo. E’ da quest’accettazione di base che nasce e si sviluppa un confronto positivo. Quando tutto ciò manca, per cui vorremmo che l’altro fosse come noi lo sogniamo e desideriamo o che abbia sempre le stesse caratteristiche di quando l’abbiamo incontrato e ci siamo innamorati di lui, ci accorgeremo con amarezza che il dialogo diventa difficile o cessa del tutto. È indispensabile inoltre riconoscere che ogni elemento della coppia proviene da un passato, attraversa un presente e vuole proiettarsi in un futuro di cui non si può avere certezza. Pertanto, in un rapporto ricco e vivo, è necessario un continuo adattamento reciproco.

È inoltre necessario accogliere le nostre e altrui fragilità. Accanto alla forza e alla sicurezza, ognuno di noi, a causa delle sofferenze e dei traumi subìti nel proprio passato, ha anche alcune o molte fragilità. Quando nella ricerca puntigliosa, oltre che inutile, della perfezione, non le accettiamo, mostrando di conseguenza un atteggiamento giudicante, rischiamo di compromettere la spontaneità dell’altro il quale, in futuro, cercherà di evitare di esternare il contenuto più profondo dei propri pensieri ed emozioni. Contemporaneamente, rischiamo di stimolare inutilmente le sue difese e le sue reazioni rabbiose e aggressive.

Il dialogo è efficace quando riesce ad accogliere e tenere nella giusta considerazione le idee altrui. Poiché siamo uguali come esseri umani, quando la comunicazione è valida, si riesce facilmente ad accettare, senza sentirsi minimamente menomati, le decisioni e le opinioni dell’altro, specialmente quando queste nascono da una diversità di ruolo, da caratteristiche sessuali diverse, da qualità ed esperienze specifiche. Poiché la verità non è mai una sola, e ha tante sfaccettature, dovremmo imparare a non sentirci aggrediti o svalutati se le nostre idee non sono sempre condivise (Dacquino, 1994, p. 304).  D’altra parte sappiamo che i bisogni di un uomo sono diversi da quelli di una donna. I bisogni d’ogni individuo possono essere o tradursi in maniere diverse l’uno dall’altro. Non esistono due persone uguali, con gli stessi gusti, la medesima realtà interiore, gli stessi desideri.

Come dice Ackerman[7]:

“La differenza tra coniugi nelle relazioni familiari non deve essere considerata un pericolo, più di quanto non sia la differenza sessuale. Al contrario, essa deve essere salutata come prova di un complemento del Sé; come è la possibilità di imparare nuove cose e di realizzarsi meglio”.

La complementarietà in ogni relazione è lo strumento migliore che le coppie hanno inventato per riuscire a diminuire il numero e la gravità dei conflitti. Nelle relazioni familiari sostiene l’unità, aiuta l’unione e la partecipazione [8]. E ancora lo stesso autore: “Gli uomini e le donne possono essere ugualmente rispettati per quanto danno alla famiglia, alla vita, alla società, ma la qualità di questo rispetto deve essere diversa”[9]. Ed è per tale motivo che la complementarietà nei ruoli ancora oggi è utilizzata da milioni di coppie in buona parte del mondo.

Per Ackerman[10]: “Esiste una complementarietà positiva quando i componenti della coppia o del triangolo familiare esperiscono una reciproca soddisfazione dei bisogni, in modo tale da promuovere un positivo sviluppo emotivo delle relazioni e degli individui”.

Con questa strategia ognuno dei due sa e accetta che vi siano delle decisioni e dei settori della vita familiare, come l’educazione dei figli, che sono di appannaggio o di specifica competenza dell’altro.

Le esperienze nettamente negative degli ultimi decenni nel mondo occidentale hanno ampiamente confermato che il discutere, decidere e prendere insieme ogni decisione: da quelle più importanti e fondamentali che riguardano l’andamento di base della famiglia, a quelle più minute di ogni giorno, anche se ciò appare “una cosa bella, moderna e attuale”, si è invece dimostrata nei fatti, il modo migliore per provocare e incrementare i conflitti e, di conseguenza, anche i comportamenti aggressivi e violenti nelle relazioni di coppia.

L’ascolto

Il dialogo efficace non dovrebbe consistere in una lotta di parole e argomentazioni per combattere e sopraffare i pensieri e le idee altrui, ma un mezzo per capire e mettersi in ascolto dei movimenti dell’animo della persona amata, al fine di armonizzarsi con essi. Per tale motivo nelle discussioni è bene cercare di comprendere il punto di vista dell’altro e riflettere, più sui bisogni che questi esprime, non solo con le parole, ma anche con i silenzi, piuttosto che sulla risposta da dare per sopraffare le sue idee, i suoi pensieri e i suoi sentimenti.

Per preservare una buona intesa è necessario spezzare in maniera decisiva il circolo vizioso che spesso si crea: “Lui mi ha fatto… lui mi ha detto e quindi io gli ho detto…io gli ho fatto…” che si potrebbe tradurre in: “Lui mi ha detto questa cosa sgradevole o peggio offensiva, io di rimando l’ho messo al tappeto con una cosa ancora peggiore e più offensiva”. L’esperienza delle coppie, che vivono un rapporto sano e armonico, ci indica invece che è molto meglio dare risposte totalmente diverse da quelle che l’altro ci ha dato e che ci hanno fatto soffrire o da quelle che l’impulso del momento istintivamente ci suggerisce. Questa strategia stimola la persona che amiamo a riflettere sulle sue parole e sulle sue azioni e gli crea nell’animo un debito psicologico di riconoscenza nei nostri confronti     

La delicatezza.

Spesso con gli estranei tendiamo a misurare le parole e i gesti per non offendere. Pur di essere accettati cerchiamo di avere modi cortesi, delicati e rispettosi. Per non essere sgradevoli, cerchiamo di essere allegri e di buon umore, mentre con la persona con la quale condividiamo la nostra vita e che dovremmo amare e rispettare più di qualunque altra, tutto ci sembra lecito. Pertanto, tendiamo ad usare nei suoi confronti modi e parole che mai useremmo con gli altri: “…perché se lui/lei mi ama veramente, mi deve accettare così come sono. Perché se lui/lei mi ama fino in fondo, deve riuscire a sopportare il mio nervosismo e i miei comportamenti irritanti”.

Purtroppo non è così. I modi bruschi, le parole che umiliano, che fanno sentire male, l’eccessiva impulsività, la poca pazienza e l’aggressività allontanano, spaventano e mettono sulla difensiva chi ci sta accanto; esse ledono la sua pazienza, fanno scemare l’interesse e l’amore che ha per noi ed è facile che lo stimolino ad adottare dei comportamenti altrettanto deleteri e distruttivi.

Non sempre le parole sono utili nelle relazioni di coppia. È molto meglio tacere quando avvertiamo dentro di noi tensione, ansia, aggressività e irritabilità, a causa delle quali tendiamo a essere scontrosi, irritanti o troppo sensibili e reattivi ad ogni parola che l’altro pronuncia anche in buona fede. È più saggio evitare di replicare quando ci accorgiamo che le parole peggiorano il rapporto, tendono a svalutare e umiliare l’altro, colpiscono i sentimenti più profondi dell’altro. Meglio parlare solo quando avvertiamo che quello che diremo gli darà serenità, lo conforterà, lo aiuterà a capire i nostri bisogni e i nostri argomenti. In definitiva spesso è possibile sdrammatizzare le tensioni che si creano e ristabilire un clima sereno e positivo, semplicemente evitando di rispondere con aggressività alle parole aggressive dell’altro[11].

Il piacere dell’incontro con l’altro

Anche se non sempre ciò è possibile, anche se non sempre si riesce a trovare quell’intesa tanto agognata, la tensione interiore nell’approccio con l’altro dovrebbe esserci in ogni momento ed in ogni occasione, soprattutto nelle occasioni e situazioni più difficili e complesse. Per tale motivo, se è utile non lasciare che si accumulino dei non detti o delle piccole realtà negative, che in seguito potranno esplodere in un incontrollabile litigio, è disastroso discutere continuamente di tutto, così com’è dannoso rinvangare continuamente il passato: “Ricordati quella volta che tu mi hai detto…” “Pensa a quando hai guardato quella donna in mia presenza”. Spesso nei litigi sono fatti riemergere episodi lontani del passato che dovrebbero essere e restare sepolti per sempre e non proposti continuamente.

Bisogna inoltre ricordare a se stessi che il compromesso non è una perdita di qualcosa ma una conquista. Allo stesso modo però, bisogna tener presente che quando si accettano delle proposte di conciliazione bisogna poi attenersi a quanto concordato.

  Il lavoro e gli impegni

A volte si litiga per il gusto di litigare: perché siamo nervosi, stanchi, frustrati nei nostri bisogni, a causa del lavoro o delle relazioni poco felici con i colleghi, con gli amici o altri familiari. Per tale motivo, quando si vuole iniziare una discussione che potrebbe degenerare, bisogna sempre chiedersi da dove realmente nasce la nostra irritabilità e quindi se veramente vale la pena iniziare un litigio.

La comprensione, l’ascolto, il trovare l’intesa, il limitare il proprio Io, richiedono grandi capacità e notevole disponibilità interiore. Quando queste sono scarse, perché le abbiamo spese per il lavoro, gli impegni familiari o extrafamiliari, le energie residue non sono capaci di farci instaurare un dialogo efficace. Il lavoro, come molti altri impegni, anche di notevole spessore sociale, può creare un coinvolgimento emotivo eccessivo: occupando i nostri pensieri, prelevando buona parte delle nostre energie, impegnando la volontà oltre limiti accettabili.

Evitiamo quindi di lasciare per l’incontro, la comunione, lo scambio con la persona che amiamo i rimasugli del nostro tempo e delle nostre energie. Ritagliamo invece, nella nostra vita di ogni giorno o della nostra settimana, delle ore e dei giorni da dedicare con serenità, disponibilità ed il massimo delle nostre energie e capacità al dialogo e allo scambio affettivo, amoroso e sessuale.

I sentimenti positivi.

I doveri di un compagno di vita sono anche quelli di ascoltare, lenire e confortare il nostro animo. Ciò che rinsalda l’unione è la partecipazione e la condivisione di pensieri, sentimenti ed emozioni. Pertanto è fondamentale il coinvolgimento affettivo che porta a vivere, come fossero nostri, le gioie e le gratificazioni dell’altro, ma anche la sua tristezza e sofferenza. Tuttavia, spesso le aspettative che abbiamo nel campo amoroso sono tante, troppe e assolutamente irrealistiche. Poiché non possiamo essere sicuri che l’altro possa saziare tutti i nostri bisogni e offrirci non dico la felicità ma almeno la serenità interiore che ci manca da sempre, è inutile chiedere alla persona che amiamo più di quanto possa darci. Questa, come noi, ha dei limiti che bisogna accettare e rispettare, se non si vuole costringerlo ad allontanarsi, a causa di un carico eccessivo di richieste e lamentele riversate continuamente sul suo animo.

Per tale motivo è bene evitare le continue lagnanze: “Tu non fai, tu non sei…, tu non mi capisci…,tu non cerchi di…”. È meglio sforzarsi di comunicare sentimenti maturi e positivi come l’ottimismo, la fiducia, il coraggio e la stima. Sentimenti questi che aiutano a crescere e ad affrontare con gioia e con serenità le difficoltà e le avversità della vita.

L’ottimismo e l’allegria

Per prevenire conflitti e aggressività reciproche è sicuramente molto utile un sano ottimismo. Uno stato d’animo positivo ci permette di osservare la realtà con animo sereno e lieto, cosicché possiamo nutrire fiducia in noi stessi ma anche in chi ci sta vicino. L’ottimismo ci permette, tra l’altro, di fare assegnamento sulle qualità positive dell’altro, evitando di porre l’accento ed esaltare nel nostro animo gli aspetti negativi che ci infastidiscono e fanno soffrire. Un sano ottimismo può inoltre potenziare le capacità della coppia nel saper riconoscere e affrontare i problemi che ogni giorno si presentano, riuscendo a trovare sempre un giusto compromesso.

Se riusciamo ad accompagnare la nostra vita in due con un atteggiamento e un umore allegro e brioso, sarà inoltre più facile vivere in modo sereno, stabile e duraturo i rapporti sentimentali. Il sentirsi lieti, il divertirsi insieme, il condividere con una risata liberatoria uno scherzo o una battuta, fa sentire la coppia più aperta alla vita e al cambiamento, aiuta a sdrammatizzare le situazioni difficili che inevitabilmente si incontrano, permette di scaricare ed eliminare le inevitabili tensioni, in definitiva, fa gustare meglio il piacere di stare insieme. Naturalmente l’allegria non deve servire a deridere o schernire l’altro giacché quest’atteggiamento produce frutti deleteri in tutte le relazioni.

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Ti odio" Conflitto, aggressività e violenza tra i sessi.



[1] Hacker F. (1971), Aggressività e violenza nel mondo moderno, Milano, Edizioni il Formichiere, p.117.

[2] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Mondadori Editore, Milano, p. 267.

[3] Pirrone, C.,  (2014), “Come dire: Ti prometto di essere fedele sempre”, Famiglia oggi,  n. 3, p. 57.

[4] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Mondadori Editore, Milano, p. 277.

[5] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Mondadori Editore, Milano, p. 266.

[6] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Mondadori Editore, Milano, p. 277.

[7] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Torino, Bollati Boringhieri, p 35.

[8] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Torino, Bollati Boringhieri, p. 82.

[9] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Torino, Bollati Boringhieri, p. 223.

[10] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Torino, Bollati Boringhieri, p. 115.

[11] Dacquino G., (1994), Che cos’è l’amore, Mondadori Editore, Milano, p. 265.

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