Conflitti di coppia

Conflitti di coppia

 

Il conflitto è la situazione che si instaura tra idee, azioni e comportamenti contrastanti.

Sotto certi aspetti è un’espressione funzionale, nel momento in cui tra persone è necessario un adattamento reciproco, a causa delle diverse idee e attese sull’organizzazione e sulla realizzazione dei fini essenziali che ogni individuo si propone di realizzare. Infatti, in condizioni favorevoli, certe tendenze competitive possono contrassegnare il passaggio al raggiungimento di nuovi livelli di unione e collaborazione.

Pertanto il conflitto può rappresentare una forza creativa nello sviluppo della coppia o della famiglia oppure una forza disgregatrice. Può essere un elemento catalizzatore o paralizzante; può integrare l’esperienza umana o può disintegrarla; può dare un impulso allo sviluppo umano e all’adattamento, come può indurre l’arresto, la deformazione o entrambi.[1]

Tuttavia anche se litigare non vuol dire non amarsi e anche se a volte il litigare è liberatorio, il permanere di un comportamento litigioso è sicuramente indice di una patologia nel rapporto o di una patologia presente in una o in entrambe le persone che vivono questo conflittuale rapporto.

Nei disturbi coniugali, come in altre situazioni, i conflitti possono essere, in varia misura, palesi o nascosti, reali o irreali, consci o inconsci. Per di più, il conflitto tra i coniugi presenta una particolare relazione con la struttura del conflitto interno, presente in ognuno. Per tale motivo il conflitto coniugale può aggravare la natura reale di questo conflitto interiorizzato o può servire a occultarlo.[2]

Nella vita familiare il conflitto può avvenire a molti livelli. Vi può essere conflitto tra la famiglia e la comunità circostante: vicini di casa, comitati di quartiere, condomini, politici e amministrazioni locali. Oppure vi possono essere dei contrasti all’interno dello stesso nucleo familiare, tra alcuni componenti della famiglia e gli altri: il padre contro la madre e viceversa, i fratelli contro le sorelle, padre e madre contro i figli, i maschi contro le femmine della famiglia, o al contrario il padre e alcune figlie contro la madre e altri figli. Infine, come abbiamo detto sopra, il conflitto può essere presente all’interno della psiche dei vari componenti la famiglia.[3]

Vi sono essenzialmente due tipi di conflitto: uno aperto e uno coperto. Nel primo (conflitto aperto) i due componenti esprimono direttamente e in modo esplicito il loro disaccordo e la loro ostilità sui problemi o sui comportamenti dell’altro, mentre. Invece nel conflitto coperto mancano le manifestazioni eclatanti. Questo, tuttavia, è presente e si attiva anche se in maniera poco visibile. La presenza dell’uno o dell’altro tipo di conflitto è legata alle caratteristiche di personalità dei soggetti coinvolti, ma anche al tipo di famiglia e società nelle quali la coppia vive e si relaziona.

In base all’evoluzione Ackerman[4] descrive altri tipi di conflitti: risolto, compensato, attivo e scompensato.

  1. 1.      Conflitto risolto. Il conflitto è percepito in modo corretto e viene trovata rapidamente una soluzione razionale.
  2. Conflitto compensato. Il conflitto è percepito in modo corretto, è contenuto, mentre si cerca una soluzione efficace, al momento non possibile.
  3. 3.      Conflitto scompensato. Il conflitto è percepito male o in modo distorto. Le due persone non riescono a trovare un compromesso adeguato. Pertanto, non essendo contenuto in modo valido, il conflitto trabocca in comportamenti irrazionali. Inoltre, non essendo risolto, [5]inevitabilmente porta alla progressiva disorganizzazione delle relazioni familiari.

Ackerman[6] ne descrive altre modalità quando afferma: “Il modo di entrare in conflitto e di sostenerlo può essere appropriato o inappropriato, per i problemi più importanti della famiglia. Può essere razionale o irrazionale, può avere un’importanza centrale o periferica, per la vita della famiglia: il conflitto può essere tacito o aperto, conscio o inconscio, diffuso o circoscritto; può essere benigno o maligno, reversibile o irreversibile”.

Per quanto riguarda gli esiti dei conflitti, le conseguenze possono essere diverse:

  • Ci può essere un irrigidimento dei ruoli.
  • Un allentamento e un aumento delle distanze affettive.
  • Un indebolimento della comunicazione o una distorsione di essa.
  • Un ricorso ai diversivi e alla fuga.
  • Un indulgere sui capri espiatori.
  • Un lasciarsi andare ad atti e atteggiamenti aggressivi di acting out.
  • È possibile che si sia trovato un compromesso irrazionale che abbia favorito una parte della famiglia mentre ne ha danneggiata un’altra.[7]

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Ti odio!", Conflitto, aggressività e violenza tra i sessi.  Per scaricare gratuitamente l'intero libro clicca qui.



[1] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, pp. 77-78.

[2] Ackerman N.W., (1968), Psicodinamica della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, p. 199.

[3] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, p. 79.

[4] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, p. 80.

[5] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, p. 80.

[6] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano, p. 80.

[7] Ackerman N.W., (1970), Patologia e terapia della vita familiare, Feltrinelli Editore, Milano,  p. 81.

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