Ritardo mentale medio e disturbi psicoaffettivi

Ritardo mentale medio e disturbi psicoaffettivi

Dott.ssa Cettina Luca – ( Laurea in scienze della formazione) 

“Relazione su un caso di bambino con ritardo mentale medio e rilevanti disturbi psicoaffettivi”

RV è un bambino di 8 anni e 10 mesi che, dopo la somministrazione di alcuni test (TPV, N.E.M.I., Goodenough, interpretazione e commento del disegno libero), risulta presentare RM di tipo medio (EM = 55 mesi)

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e disturbi psicoaffettivi manifesti con iperattività, chiusura, fobie, ecolalie, e labilità nell’attenzione.

 

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RV nacque prematuro con parto cesareo all’ottavo mese e dopo un pressoché normale sviluppo iniziò ad avere una crescita ritardata, infatti appariva poco attivo e la suzione era scadente. A 13 mesi, in conseguenza della nascita del fratellino, iniziò a manifestare irritabilità e ad agire aggressività non solo verso questo ma anche nei confronti di tutti i bambini piccoli. Si successero numerosi episodi febbrili e di otiti, un intervento chirurgico e l’inserimento all’asilo nido, inoltre la nascita di un altro fratellino contribu? ad un incremento della sua chiusura e vulnerabilità, lo sviluppo di fobie e paure.

 

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Per tutto l’arco della sua breve vita RV si è sempre rifiutato di relazionarsi con le persone non accettando, chiudendosi a riccio, né carezze né abbracci da nessuno, nemmeno dalla madre. Con quest’ultima RV viveva una relazione contrastante: a netti distacchi fisici e comunicativi si alternavano momenti di forti, e per certi versi violente, richieste verso la madre la quale doveva esaudirle repentinamente. Inoltre il bambino non ricercava una propria autonomia e permaneva la necessità di accudimento (farsi vestire e lavare).

L’iter scolastico di RV riproduce esattamente il suo vissuto interiore. Il bambino fin dall’asilo nido si isolava, mettendosi in disparte, non parlava con gli altri bambini, non partecipava ai giochi sociali. Dalla scuola materna gli è stata assegnata un’insegnante di sostegno che il bambino ha mantenuto anche nella scuola elementare.

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Quando presi in carico RV frequentava la terza elementare, non aveva ancora acquisito l’abilità di lettura, la scrittura era ad un livello di inizio prima elementare, il linguaggio era povero, poco intelligibile, poco articolato e con molte e con molte dislalie. Dal punto di vista psicologico RV era molto disturbato, infatti tendeva a nascondersi dietro i mobili, i familiari o semplicemente a coprirsi il volto con il braccio alla presenza di persone non appartenenti al proprio entourage familiare. Era evidente una certa aggressività repressa che a volte esplodeva, solo per qualche breve ma intenso minuto, in atteggiamenti violenti verso la madre, i fratelli, gli oggetti e nel turpiloquio. Un certo disaggio e una forte tensione interiore erano molto manifesti nel suo comportamento motorio, per così dire iperattivo, nelle sue richieste che dovevano esaudirsi nel qui ed ora, nel suo pianto disperato e costante e nel raggomitolarsi a terra nel caso di non soddisfacimento delle stesse.

Durante i primi incontri RV si nascondeva al mio arrivo dietro una poltrona del salone di casa sua, così io non facevo nulla per attirare la sua attenzione, lo salutavo dicendo  il suo nome ma né mi avvicinavo né gli ponevo domande dirette. Ero l? a parlare con i suoi fratellini o con la madre, chiedevo di vedere la loro stanza, quali erano i loro giochi preferiti, ma sott’occhio guardavo sempre (osservavo senza che ciò fosse evidente). Tutto questo perché il mio segnale doveva essere uno solo: ‘io sono qui, non voglio invadere il tuo mondo, ma quando vorrai potrai avvicinarti a me senza paura e ti potrai fidare’. E in realtà fu proprio così. Pian piano la curiositè, dote che comunque lo caratterizza, cresceva in lui e iniziava a sbucare ogni tanto la sua testolina dallo schienale della poltrona, da dietro la schiena della madre o dal suo braccio.

 

 

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Dopo questa prima fase di conoscenza, durante la quale il bambino iniziò a fidarsi di me, era arrivato il momento di presentarmi a lui come qualcuno che si trovava l? proprio per lui, con cui poter giocare. Infatti i nostri incontri era all’insegna del gioco. Sto parlando di situazioni destrutturate in cui non era il bambino ad adeguarsi alle mie richieste ma al contrario ero io ad adeguarmi alle sue esigenze, per cui mi ritrovavo nella sua stanzetta a tirare i rigori con un pupazzo di peluche che fungeva da pallone.

Finalmente riuscivo a vedere il bel volto di questo bambino tanto impaurito dal mondo e addirittura scopr? che aveva un sorriso molto dolce. Erano trascorsi circa dieci incontri quando mi accorsi che erano state gettate le basi per una relazione terapeutica tra me ed RV, per cui era il momento di fornirgli stimoli adeguati al suo livello intellettivo e alla sua psiche, in pratica dovevo presentargli del ‘cibo adatto ai suoi denti’.

 

Vista l’età EM che corrispondeva a 55 mesi circa iniziai a somministrare le schede del livello 4 del Programma Base per lo sviluppo logico-cognitivo – ‘VOGLIA DI CRESCERE’.

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Ciò non voleva dire che durante i nostri incontri non si doveva più giocare, ma che le schede venivano proposte in un contesto di gioco, il quale veniva a crearsi di volta in volta e in base alle necessità del bambino ad ogni incontro. Ad esempio, visto il bisogno irrefrenabile di RV di muoversi in modo continuativo, non era il caso di stare seduti su una sedia a fare le schede, anche perché come risultato avrei ottenuto un rifiuto del Programma, così mi inventavo nello spazio limitato della sua stanza dei percorsi ad ostacoli che il bambino doveva superare per poter effettuare una singola scheda del livello 4. ciò aveva una duplice valenza: il Programma acquisiva valore di gioco e al contempo lo stesso Programma fungeva da rinforzo alle sua risposte.

 

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Con il trascorrere del tempo RV si nutriva degli stimoli forniti dal Programma e dopo poco più di sei mesi risult? dai test che il quoziente di crescita attuale equivaleva ad un punto. il bambino era cresciuto il doppio rispetto ad un bambino normodotato poiché un punto si dovrebbe ottenere dopo un anno.

Il bambino non crebbe solo nell’aspetto intellettivo ma miglior? anche la sua autostima, ciò era riscontrabile nella diminuzione della frequenza della domanda ‘sono un bravo bambino?’ che precedentemente RV formulava in maniera ossessiva e stereotipata.

Da questi miglioramenti nacque il sospetto, tutt’ora presente, che si trattasse di un RM fittizio celato da disturbi psicologici.

Raggiunta la metà del livello 5 RV manifest? apertamente la volontà di leggere così associai alle schede del suddetto livello le parte del Programma Base dedicato all’apprendimento della lettura: Leggo Anch’io, programma di lettura sillabico fonetica molto vasto.

Adesso i nostri incontri erano più ricchi di attività in quanto a momenti  ludici ne alternavamo altri dedicati allo svolgimento del Programma, che RV effettuava sempre senza grosse difficoltà, altri all’apprendimento della lettura e del tempo all’attività di scrittura che risultava ancora disordinata, molto grande e sgrammaticata. In pratica, facevo trascrivere ogni parolina incontrata sul volume Leggo Anch’io in un quaderno su cui tracciavo dei piccoli rettangoli entro i quali dover scrivere, e se RV sbagliava mettevo in pratica il metodo per l’eliminazione degli errori di ortografia, Errori mai più. Tale metodo che consiste nel far scrivere correttane la parola, precedentemente sbagliata, per cinque volte consecutive coprendo di volta in volta con un foglietto quella appena scritta ha la funzione di far apprendere e memorizzare al bambino il vocabolo in maniera corretta, altrimenti avrebbe continuato a scrivere i termini nel modo in cui le pronunciava. Invece la funzione dei rettangolini era quella di contenere la scrittura, troppo sproporzionata, ed esercitare la coordinazione occhio-mano del bambino entro degli spazi limitati quali quelli di un foglio.

 

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Ciò che è importante con i bambini che presentano difficoltà, come RV, è adottare una gradualità di approccio, di stimolazione e nelle attività da far svolgere mediante tecniche e metodi adatti alla singola persona; inoltre è anche opportuno lavorare in sinergia, mediante la cooperazione, con tutte istituzioni educative che ruotano intorno al bambino, come la famiglia in primo luogo, ma anche la scuola ed in particolare con la eventuali insegnanti di sostegno e infine con le sedi ricreative, religiose, sociali e/o sportive eventualmente frequentate.

Attraverso questa metodologia di lavoro ho notato dei cambiamenti in RV, prima lenti e successivamente sempre più rapidi. La sua autostima era nettamente migliorata, al punto che chiedeva più conferme sulle sue capacità, la sua attenzione cresceva fino a riuscire a lavorare per circa due ore continuative, le capacità grosso e fino motorie erano affinate, ma soprattutto RV si era aperto al mondo, non temeva più gli estranei anzi riusciva anche ad interagire con loro, praticamente aveva mosso i primi passi nel processo di socializzazione.

I risultati del miglioramento con ‘Voglia di crescere’ sono evidenti, ma è necessario ‘fissare’ nella mente del bambino le abilità apprese e per questo motivo è opportuno adottare degli accorgimenti, ossia effettuare dei ripassi dei livelli, cioè terminato un singolo livello è meglio farlo ripetere, anche in maniera veloce o mediante l’uso del cd, e ancora cercare di individualizzare la somministrazione del programma, seguire i tempi del bambino e le sue richieste.

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In conclusione il programma base per lo sviluppo logico-cognitivo ‘VOGLIA DI CRESCERE’ è stato quasi miracoloso per RV poiché cresceva mese dopo mese, sempre di più e maggiormente rispetto alla crescita di un bambini normodotato; questo non sono io a dirlo ma i risultati dei test che periodicamente abbiamo effettuato per verificare l’andamento del suo sviluppo, infatti i numeri ci dicono che durante il primo anno RV era cresciuto un po’ più di un bambino senza difficoltà (1.30 punti anziché 1 punto), per poi crescere addirittura tre volte tanto…….ditemi voi se questo non è un miracolo!

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