
03 Apr Il rapporto con gli oggetti nel bambino con Disturbo Autistico
Il rapporto con gli oggetti nel bambino con Disturbo Autistico
I bambini con Disturbo Autistico, in base alla gravità della loro malattia, possono utilizzare gli oggetti in modo particolare. Ad esempio, alcuni bambini amano far girare per ore una matita sul tavolo o si dilettano a far frullare dei pezzi di carta davanti agli occhi (uso stereotipato degli oggetti). Altri avvertono il bisogno di fiutare o leccare gli oggetti. è stato notato, inoltre, che questi bambini sono più interessati ad alcune parti dell’oggetto, piuttosto che a tutto l’oggetto.
Poiché di alcune cose hanno paura, le allontanano (atteggiamenti fobici e controfobici nei confronti di alcuni oggetti). Alcuni non amano gli oggetti morbidi come i peluche e ad essi preferiscono quelli più duri. Spesso le bambole o le figure umane provocano in loro aggressività per cui vengono colpite violentemente o sono brutalmente smembrate.
I bambini con Disturbo Autistico hanno difficoltà a mantenere l’attenzione su un oggetto quando ciò è richiesto da un adulto o da un coetaneo, mentre hanno un’attenzione notevole ma rigida e fissa sulle cose amate (attenzione iperselettiva). Inoltre, alcuni oggetti possono essere presi e gettati immediatamente (indifferenza verso gli oggetti), mentre ad altri viene dato un significato e uno scopo notevole (presenza di un oggetto esclusivo). In pratica questi bambini possono essere indifferenti e buttar via un trenino elettrico meraviglioso, mentre possono porre la loro massima attenzione ad un pezzetto di carta, a una matita o a un legnetto. Tendono ad essere più interessati ad alcune parti dell’oggetto piuttosto che a tutto l’oggetto.
Per spiegare questi comportamenti dobbiamo necessariamente conoscere e capire i vissuti presenti nell’animo di questi bambini.
Intanto è evidente come non solo i bambini ma anche gli adulti normali abbiano una predilezione per alcuni oggetti mentre sono indifferenti o quasi ad altri, anche quando questi ultimi sono più belli, più costosi o con caratteristiche più evolute.
Sono tanti gli adulti che non vogliono liberarsi della vecchia auto sgangherata, rumorosa, scomoda, ma ricca di tanti piacevoli ricordi che si teme possano scomparire eliminando l’oggetto stesso. La vecchia auto comprata a rate, con i primi soldi guadagnati da un giovane uomo diventa per lui preziosa, perché è con quell’auto che lui ha portato a spasso l’ amore della sua vita e con quell’auto che andava con lei alle feste da ballo organizzate a casa del suo migliore amico e con quell’auto che ha portato trionfante, come fosse una coppa preziosa, il figlioletto nato dal loro amore dalla clinica ostetrica alla sua casa. Al cuore di questo giovane uomo quell’auto non è fatta di ferro, bulloni, fili e valvole, quella vecchia auto è qualcosa di vivo, in quanto è impregnata e ricca di ricordi che non si possono buttare via. Sono le emozioni legate a quei ricordi che la rendono più bella e preziosa di una possibile automobile, nuova fiammante. Anche con gli oggetti personali avviene la stessa cosa. Come convincere una donna anziana a buttare o vendere il vestito del matrimonio che giace ormai malridotto in fondo ad un baule, o la borsetta da lei comprata a Roma durante la prima tappa del suo splendido viaggio di nozze?
Lo stesso avviene per i bambini normali. Non è affatto facile accettare che rinunzino alla tettarella del biberon vecchia, consunta, puzzolente e poco funzionale, in cambio di una nuova: profumata, morbida e perfettamente adatta allo scopo. La stessa cosa vale per la tazza del latte o per la prima bambolina ridotta ormai senza capelli e con gli occhi strabici, ma sempre meravigliosa per la bimba che l’aveva avuta in dono per il suo compleanno dall’adorato papà .
Il legame e l’interesse verso un oggetto non dipende tanto dall’oggetto in se stesso quanto da quello che rappresenta. Per un bambino autistico che è stato costretto a chiudersi nel suo mondo, che soffre notevolmente e che riesce a dimenticare o diminuire la sua sofferenza solo muovendo un legnetto o una cartolina davanti ai suoi occhi, questi oggetti, apparentemente insignificanti, sono infinitamente più preziosi di un meraviglioso trenino proposto dagli altri, verso il quale non vi è alcun legame affettivo. La GRANDIN T. dà un’ulteriore spiegazione che ci sembra perfettamente plausibile per quanto riguarda l’attaccamento agli oggetti: “C’è un legame emozionale con le routine e gli oggetti di casa e forse questo è dovuto alla mancanza di un forte attaccamento emozionale alle persone”.[1]
La loro notevole sensibilità, l’ansia e le numerose paure che pervadono la loro mente, li spingono, inoltre, ad allontanare da loro alcuni oggetti che essi collegano a esperienze ed emozioni spiacevoli e sgradevoli (oggetti cattivi), e a ricercare solo gli oggetti legati ad emozioni piacevoli o neutre (oggetti buoni).
[1] T. GRANDIN, Pensare in immagini, Trento, Erickson, 2006, p. 152.