
07 Giu Racconti con lieto fine
L’arcobaleno rovinato
C’era un arcobaleno e brillava tanto. Una volta c’erano dei bambini che andavano a vederlo e, al tramonto, loro sono andati a casa. Andavano perché brillava e ci giocavano sotto.
L’altra mattina si mise a piovere e i bambini si preoccupavano perché l’arcobaleno era sparito. Sono andati a vederlo un’altra volta e dissero: “Dov’è l’arcobaleno?” E si accorsero che la pioggia lo aveva rovinato. Questi bambini erano tristi, perché non potevano più giocare alla luce dell’arcobaleno. Così andarono dalla mamma e le dissero: “Mamma, perché l’arcobaleno è rovinato?” E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via”. I bambini si preoccuparono ma il mattino seguente era ricomparso l’arcobaleno e i bambini erano felici che era ritornato. La pioggia non l’aveva spazzato via, ma solo non l’aveva fatto vedere.
Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa, perché tanto viene subito.
In questo racconto di Martina, una bambina di sei anni, si evidenzia la spinta propulsiva vitale verso la gioia, presente nel DNA di ogni bambino. È bello vivere e giocare alla luce brillante di questa gioia interiore, per poi ritornare carichi di energie positive alla vita di sempre. Ciò avviene nonostante sia presente l’atteggiamento pessimistico della madre, la quale soffriva di depressione (Mamma perché l’arcobaleno è rovinato?” E la mamma rispose: “Perché la pioggia l’ha spazzato via). Per fortuna, dopo le iniziali preoccupazioni, l’arcobaleno ritorna.
Come dire che gli elementi positivi e gioiosi della vita ritornano a bussare di nuovo nell’animo della bambina. Ciò le permette di dare al racconto una conclusione ricca di ottimismo (Erano così felici che hanno chiamato la mamma e hanno giocato, e si sono accorti che non si deve piangere per una cosa, che si immagina perduta, perché tanto viene subito). Da notare che la bambina fa di tutto per coinvolgere e far partecipe la madre ai momenti di gioia che riesce a vivere.
A volte i ruoli si invertono: non sono i genitori a scacciare le ombre nere dall’animo dei bambini ma, come in questo caso, può avvenire il contrario.
Nel disegno che accompagna il racconto (figura 31), l’arcobaleno disegnato da Martina presenta una netta prevalenza di colori rosso e giallo, ad indicare il bisogno che provava la bambina di una maggiore vitalità, vivacità e gioia nella sua famiglia, nella quale, invece, vi era soprattutto tristezza e apatia, a causa della presenza nella madre di una sindrome depressiva.
Daniela, una bambina di sei anni, era giunta alla nostra osservazione poiché attraversava un periodo particolarmente difficile a causa di problematiche psicologiche che si manifestavano con intense paure, disturbi del sonno, del comportamento e dell’alimentazione. Ai quali si aggiungevano anche delle somatizzazioni ansiose.
Il sole e i fiorellini
C’era una volta un sole, che adorava stare vicino ai fiorellini, perché gli dava tanta luce e li faceva diventare grandi. Ad un certo punto, però, controllò tutti i prati del mondo, ma non trovò né fiorellini né semi e, quindi, i fiori non potevano crescere più. Le altre nuvole gentili hanno litigato con loro e le hanno rimproverate e loro hanno detto che volevano fare tutto quello che volevano, dato che le nuvole buone erano amiche del sole. Le nuvole cattive hanno fatto questa cosa al sole. Il sole era molto più potente delle nuvole e così radunò tutti i soli del mondo e gli disse di eliminare tutte le nuvole cattive. Così, tre ciascuno, radunarono le nuvole cattive e le mandarono via, come fosse una palla. Così hanno trovato un bambino con un seme, piantarono questo seme che fece dei fiori in tutto il mondo. Tutti i fiori del mondo hanno potuto avere i loro amici che sarebbero i fiori e il sole. I fiori, come amici parlarono e discussero fino a quando non arrivò notte. Si radunarono e decisero la loro promessa: sempre giocheremo insieme, senza separarsi mai. Vissero tutti felici e contenti.
Vi è in questo racconto una lotta tra gli elementi positivi della vita: la luce, il calore e la gioia, che sono indispensabili per una crescita serena dei minori (C’era una volta un sole, che adorava stare vicino ai fiorellini, perché gli dava tanta luce e li faceva diventare grandi) e gli elementi tristi e dolorosi, che invece fanno morire e soffocano il desiderio e la possibilità di una vita serena e di una crescita armoniosa (Ad un certo punto, però, controllò tutti i prati del mondo, ma non trovò né fiorellini né semi e quindi i fiori non potevano crescere più. Le altre nuvole gentili hanno litigato con loro e le hanno rimproverate e loro hanno detto che volevano fare tutto quello che volevano, dato che le nuvole buone erano amiche del sole. Le nuvole cattive hanno fatto questa cosa al sole).
Per fortuna, anche mediante il supporto che in quel momento aveva Daniela dai terapeuti e dai genitori, i quali erano riusciti ad instaurare con lei una relazione più efficace e gratificante, la vittoria finale sarà degli elementi positivi della vita, che Daniela raffigura nel sole, anzi nei soli (Il sole era molto più potente delle nuvole e così radunò tutti i soli del mondo e gli disse di eliminare tutte le nuvole cattive), che eliminano gli elementi negativi della vita (Così tre ciascuno radunarono le nuvole cattive e le mandarono via, come fosse una palla).
Ciò permette la rinascita della vita e della gioia (Così hanno trovato un bambino con un seme, piantarono questo seme che fece dei fiori in tutto il mondo).
Nel disegno che accompagna il racconto (figura 32), la bambina, a causa delle sue problematiche psicologiche, si raffigura al centro, sotto forma di un fiore molto lungo, a rappresentare il suo desiderio di crescere rapidamente, ma di colore blu, a indicare la tristezza della sua vita, pervasa in quel momento da molto sconforto.
Attorno al fiore che la rappresenta, disegna molti fiori rossi, probabilmente per indicare il suo desiderio e bisogno di gioia e vivacità, che lei spera possa ottenere da un grande sole giallo, che esprime appunto vitalità e benessere.[1]
Roberto, un bambino di nove anni che era vissuto in una famiglia con dei genitori molto litigiosi, tanto che in seguito si erano separati, presentava disturbi psicologici con incubi notturni; paura della scuola; nervosismo; aggressività verso la madre; ritardo nelle acquisizioni scolastiche.
Il folletto Giacomino
C’era una volta un folletto di nome Giacomino, che era monellaccio: prendeva le merendine agli altri bambini a scuola. Quando andava a casa poi, non voleva mangiare, ma diceva alla mamma che aveva mangiato solo la sua.
La mamma era alta e cicciona. La mamma era buona: aveva sei figli. C’era un papà basso, magro e buono. Un giorno la mamma ha scoperto che Giacomino si mangiava le merendine degli altri e insieme a papà hanno deciso di metterlo in punizione. Ma lui ha scavalcato ed è scappato; papà l’ha scoperto e l’ha messo in punizione, non facendogli la festa e lui era contento.
Roberto ammette che il folletto Giacomino, il personaggio nel quale egli si identifica, abbia dei comportamenti non proprio adeguati (prendeva le merendine agli altri bambini a scuola. Quando andava a casa poi non voleva mangiare, ma diceva alla mamma che aveva mangiato solo la sua).
Questi suoi comportamenti, quando sono scoperti, provocano l’irritazione dei genitori, con la conseguente punizione (Un giorno la mamma ha scoperto che Giacomino si mangiava le merendine degli altri e insieme a papà hanno deciso di metterlo in punizione). Giacomino scappa e pertanto la punizione alla quale deve sottostare diventa più pesante e grave (Ma lui ha scavalcato ed è scappato, papà l’ha scoperto e l’ha messo in punizione: non facendogli la festa e lui era contento.
Apparentemente strana la nota finale: “e lui era contento”.
L’essere contenti delle punizioni può rappresentare una sfida: “Io sono più deciso e forte di te. Le tue punizioni non mi toccano. Non mi piegano”. Ma può anche rappresentare un bisogno: “Ho fatto qualcosa che non andava fatto: è giusto che paghi”. I bambini hanno un senso della giustizia molto spiccato. Pertanto, l’essere scoperti e puniti da genitori giudicati come “buoni”, può pareggiare i conti con la propria coscienza. Invece la mancanza di una giusta punizione a volte accentua i sensi di colpa.
Nel disegno (figura 33), Roberto, a causa della sua vivacità e aggressività, si identifica e rappresenta come un monello folletto. Da notare le sue braccia aperte e grandi, ad indicare il suo bisogno di comunicare, di incontrare e abbracciare. [2] Il corpo, a strisce colorate, rimanda alla sua vivacità e irrequietezza, mentre il copricapo a punta e le mani ad artiglio fanno pensare alle sue manifestazioni aggressive.
Un mostro e le stelle
C’era una volta un mostro con le stelle. Era tutto bianco, ha visto la luna ed è diventato arancione. Poi muore, perché la luna aveva tanta luce e l’ha ucciso. Il mostro era cattivo e voleva mangiare le persone. Lui trasformava le lune in stelle, perché le stelle erano del suo colore preferito. Un giorno il mostro incontra un bambino e lo voleva mangiare, ma la luna lo uccise e vissero felici e contenti.
Ancora un finale positivo espresso da Katia nel suo racconto. È interessante l’accenno che fa la bambina alla intensa luce della luna che riesce a uccidere il mostro. Come dire che le cose belle, luminose e tenere sono capaci di sconfiggere tutto ciò che è brutto e cattivo.
[1] Crotti E., Magni A. (2003), Colori, Novara, Edizioni Red!, p. 51.
[2] Crotti E. Magni A. (2006), Come interpretare gli scarabocchi, Milano Edizioni Red, p. 74.