Il bambino prima della nascita

Il bambino prima della nascita

 

 

 

 

 

 

L'essere umano, quando sboccia nel ventre materno, è già in relazione con l’ambiente esterno, in quanto l’utero non è solo culla ma è anche il primo mondo con il quale egli entra in contatto. Ed è questo mondo esterno che contribuisce a costruire il suo mondo interiore. Già, verso i cinque mesi di gravidanza, la madre si accorge dai suoi movimenti se egli dorme tranquillo, oppure è sveglio o è inquieto. Già verso la metà della gravidanza sente i suoni, prende dal sangue della madre gli alimenti che gli servono, avverte il dolore. Già condiziona, senza volerlo e senza averne coscienza, il corpo ma anche la psiche della madre, per adattare l'uno e l'altra ai suoi bisogni essenziali.

A sua volta però questo piccolo essere umano che si sta formando, è capace di dare al mondo che lo circonda, ed in primis alla madre, al padre e agli altri familiari ma anche alla società in cui vive, qualcosa che, se a volte è causa di ansia e inquietudine, il più delle volte viene vissuto come un regalo prezioso, desiderato e bramato. Ai suoi genitori può dare, infatti, ancora senza saperlo e senza volerlo, la realizzazione dei loro sogni. Il piacere e l’orgoglio della maternità e paternità realizzate. La gioia immensa di partecipare, inizialmente con il loro corpo e poi con le loro cure, con le loro parole, con l’affetto, con le attenzioni e sacrifici, alla formazione del più importante e complesso essere vivente da noi conosciuto. Quando mamma e papà accarezzano insieme il pancione, si ritrovano più uniti, più solidali, più vicini, ma anche più forti e decisi ad affrontare il mondo per modificarlo in senso positivo per loro, ma soprattutto per il loro bambino. Essi, di fronte al mistero della vita che hanno contribuito a creare, si sentono più desiderosi e disponibili alle tenerezze, più pronti all’accoglienza, più sicuri nelle sfide. Ai nonni e agli altri familiari il piccolo che deve nascere può dare il piacere di sapere che fra qualche mese potranno avere tra le loro braccia una nuova gioiosa vita, un piccolo caldo, allegro, cucciolo d’uomo con cui dialogare, comunicare e scambiare. Alla comunità e società degli umani sicuramente egli si offre come un nuovo mattone indispensabile per la stessa esistenza della società ma anche per il suo progresso e la sua espansione.

Non vi è pertanto un solo momento nel quale il bambino prende dall’esterno e non dà; come non vi è un solo attimo in cui il nuovo essere umano dà e non prende dal mondo esterno. Pertanto, sia nel bene sia nel male egli modifica in senso positivo o negativo il mondo che lo circonda e, a sua volta, è da questo modificato.

Non sempre abbiamo coscienza di questo scambio. Non sempre questo scambio è voluto e desiderato, ma costantemente, a tutte le età e in tutte le condizioni nelle quali ci troviamo esso avviene.

D’altra parte queste interazioni, sono presenti anche nel mondo non vivente: l’acqua di un fiume non modifica forse il paesaggio ed il letto in cui scorre, permettendo a mille forme di vita vegetali ed animali di crescere e svilupparsi lungo il suo alveo? E un fiume non è forse modificato da tutti gli elementi che lo circondano: alberi, rocce, animali, esseri umani che possono alterare o ostacolare il suo procedere verso il mare?

Non basta forse una frana per modificare il suo corso? E le sue acque cristalline alla sorgente non possono forse essere inquinate dagli animali, compreso l’uomo, che le utilizzano?

Come abbiamo detto questi scambi sono presenti in tutti gli esseri viventi e nell’ambiente fisico, ma è diversa la qualità degli scambi e anche la loro complessità.

Ed è per questo motivo che le teorie su come, cosa, perché e quanto venga scambiato tra gli esseri umani e l’ambiente che li circonda, sono tante e non sempre coerenti tra loro. Ed è per questo motivo che studiando le ipotesi che gli studiosi si sono affannati a cercare e sperimentare per poi metterli in campo e diffonderle con i loro articoli ed i loro trattati, si ha la netta sensazione di un impegno molto più arduo e complesso rispetto alle nostre povere possibilità. Ma ciò non ci esime dal trascurarle o peggio dal non tenerle in alcun conto nei nostri quotidiani comportamenti.

Il primo contatto con la madre


 

Abbiamo detto che il primo contatto dell’essere umano con il mondo esterno è rappresentato dal corpo, dal sangue, ma anche dagli umori della madre. Non sappiamo esattamente cosa avverte della vita psichica della madre l’embrione e poi il feto. Certamente non i suoi pensieri e le sue riflessioni. Sicuramente non può aver contezza se questa donna ha, accanto a sé, un uomo e una famiglia che sa accoglierla e proteggerla, rassicurarla e confortarla, ascoltarla e consigliarla, o se, al contrario, ella è sola ad affrontare questo meraviglioso ma impervio cammino.

Il nascituro, sicuramente, non ha ancora la possibilità di avvertire pienamente se la madre è preda degli impegni, del lavoro e delle angosce del vivere quotidiano che la inseguono e sommergono oppure se, serenamente e coerentemente con il suo impegno di madre, sta costruendo per il suo bambino, rilassandosi, un ambiente sicuro, caldo e confortevole come un nido.

Sappiamo però che prima della nascita il bambino già avverte le conseguenze che i vissuti della madre hanno sul corpo di lui, in quanto il benessere della madre diventa il suo benessere, come il malessere della madre rischia di diventare il suo malessere. Sappiamo che all’inizio della sua avventura umana, la comunicazione è solo biochimica, ormonale, immunologica, ma questa poi, gradualmente, con lo sviluppo delle capacità percettive, diventa piena e completa.

Pertanto, ogni variazione della fisiologia, come dell’assetto biochimico e ormonale della donna influenza, oltre il corpo e la mente di questa anche il corpo e poi, nel momento in cui si è formata, anche la mente del bambino che la donna stessa porta in seno.

Già dal battito del cuore della madre, dalla tensione del suo addome e da altri mille segnali biologici il nascituro avverte se la madre si sta spendendo con ansia per tante, troppe incombenze oppure si sta concentrando sul suo mondo interiore cercando, per il suo bambino, tutte quelle caratteristiche materne che a questi servono.

 

 Elementi positivi e negativi durante la gravidanza

Esaminiamo adesso che il bambino che si sta formando nel ventre materno modifica dell’ambiente circostante, come lo modifica  e da cosa è modificato.

Ancor prima che la madre sappia di aspettare un bambino quest'ultimo ha iniziato a modificare il corpo di lei, ma anche alcuni aspetti del modo di vivere e sentire se stessa ed il mondo. Uno dei segnali principali che la madre riconosce facilmente è, infatti, la scomparsa delle mestruazioni e quindi la mancanza di una nuova ovulazione. Il sospetto, che con gli appositi esami diventa certezza, che un essere umano si sta formando dentro di lei, non passa sicuramente inosservato; anzi, per tante donne, è l’evento clou della loro vita e della loro esistenza.

D’altra parte i sentimenti della madre, prima e durante la gravidanza, possono influenzare profondamente il suo atteggiamento riguardo al bambino che nascerà, così come possono condizionare il modo con il quale lo accoglierà e si comporterà nei suoi confronti.[1]

Allo stesso modo i suoi sentimenti, prima e durante la gravidanza, condizioneranno la sua vita futura. Necessariamente subiranno una qualche modifica i rapporti con il padre del bambino, il lavoro e gli altri impegni, la famiglia e gli amici. Nulla sarà come prima! Aspettare un bambino può significare che un sogno si è realizzato. Un sogno nato in un momento lontano della sua vita. Un sogno sbocciato quando da bambina ha iniziato a giocare con la sua prima bambola ‹‹che voleva sempre la pappa e lei doveva continuamente preparagliela se no quella piangeva, cosicché doveva cullarla a lungo prima che, finalmente, si addormentasse tranquilla.›› Oppure quel sogno era sgorgato quando, per la prima volta, la mamma le aveva dato il permesso di toccare, ma solo per un momento e molto delicatamente, le manine o il corpicino del fratellino appena nato; o quando, avendo più fiducia in lei, le aveva permesso di poggiarlo un attimo sul piccolo grembo di lei, o ancora quando, fidandosi delle sue capacità, aveva affidato a lei le cure del fratellino per qualche minuto e lei, in quei momenti, si era orgogliosamente sentita una mammina amorevole.

Aspettare un bambino può significare il completamento di un rapporto di coppia nato molti anni prima tra i banchi di scuola e condotto con impegno, coerenza e fiducia per molto tempo, prima di essere coronato dalla cerimonia del matrimonio e poi, finalmente, dall’attesa di un figlio.

Per una coppia ritenuta sterile, il sapere di aspettare un bambino è già qualcosa di diverso. Dopo mille sacrifici, dopo tante attese, dopo infinite delusioni, la gioia inaspettata può avere caratteristiche sconvolgenti che, a volte, proprio per questi motivi e per la paura che questa nuova vita svanisca fugacemente, non si riesce a gustare fino in fondo.

Aspettare un bambino può significare, purtroppo, ben altro. Quando è solo il frutto di un incontro occasionale, della passione di una notte, o è solo la conseguenza di un errore commesso in due, una nuova vita umana può accendere nell'animo dei genitori tinte fosche e drammatiche

Aspettare un bambino può significare, in una famiglia estremamente povera e disagiata, dover affrontare nuovi sacrifici, nuove rinunce, nuovi e più pesanti impegni.

Queste ed altre mille situazioni diverse hanno la capacità di avvolgere il nuovo germoglio dell’umanità in un caleidoscopio di sentimenti ed emozioni che possono comportare notevoli conseguenze materiali, psicologiche e sociali le quali, a loro volta, influiranno, sia in senso positivo che negativo, sulla qualità della relazione, non solo tra genitori e figlio, ma anche tra  familiari e nuovo nato, tra società e novello cittadino.

 

Condizioni facilitanti il benessere del feto e poi del bambino

Giacché le variabili sono tante, numerose e complesse, non è possibile definire con buona approssimazione le conseguenze che le molteplici situazioni avranno sul futuro benessere del nuovo essere umano. Possiamo soltanto ipotizzare, utilizzando alcuni elementi di studio e le esperienze personali, solo alcuni fra i tanti scenari possibili.

Durante la gravidanza vi sono delle condizioni che potremmo definire facilitanti un buon percorso relazionale.

a)     La maturità personale dei genitori.

b)    Un’età adeguata.

c)     La serenità dell’ambiente.

d)    La positiva e costante comunione con il nascituro.

e)     La capacità di avvertire il bambino come un dono.

f)      Una realtà di coppia stabile.

a)    La maturità personale dei genitori.

I genitori giovani, ma maturi, sono molto favoriti nell’educazione dei figli dalla maggiore forza, vivacità e serenità interiore e dal migliore controllo delle pulsioni. Pertanto questi genitori sono capaci di affrontare e vivere meglio tutte le esperienze di vita, non solo quelle facili e gioiose ma anche quelle difficili e tristi. Essi sanno selezionare e oculatamente scegliere quanto può essere utile al nascituro e all’intera famiglia senza farsi influenzare eccessivamente dalle mode del momento. I genitori maturi hanno, inoltre, la capacità necessaria per riuscire a limitare i loro bisogni individuali. Pertanto, sono lieti di donare il proprio tempo, le proprie energie, le loro attenzioni, la loro presenza, la loro disponibilità al figlio che nascerà limitando, quando è necessario e per il tempo necessario, tutte le altre attività ludiche o lavorative, senza nulla rimpiangere: né la tenera e comoda dipendenza dai genitori d’origine, né gli effimeri divertimenti e passatempi dell’età adolescenziale, né il gratificante lavoro. Essi sono capaci di creare attorno al figlio che nascerà l’ambiente a lui più favorevole, allontanando sia gli inquinanti fisici, come i farmaci, i cibi adulterati e le radiazioni pericolose, sia gli inquinanti psicologici come l’ansia, la fatica, la tensione interiore, la conflittualità e lo stress, in quanto sanno che questi rappresentano dei potenziali rischi per il nascituro.

I genitori maturi hanno, inoltre, maggiori capacità di scegliere con attenzione ed oculatezza il momento in cui aspettare un figlio. Essi vogliono essere e sentirsi pronti ad accoglierlo bene. Pronti dal punto di vista fisico, in quanto persone adulte ma non troppo avanti con gli anni. Pronti dal punto di vista economico, in quanto capaci di mantenerlo ed educarlo dandogli il necessario anche se non il superfluo. Pronti dal punto di vista sociale, in quanto coppia unita in modo stabile e duratura mediante un vincolo responsabilizzante come quello del matrimonio.

b) Un’età adeguata

Per quanto riguarda l’età è difficile indicarne una ideale, in quanto si può essere maturi e capaci di educare bene un bambino quando ancora, per la legge italiana, non ci si può sposare; come, d’altra parte, si può essere affettivamente immaturi ad un’età nettamente avanzata. Ciò in quanto la maturità di una persona è solo in parte legata all’età cronologica. E’ noto però che fisiologicamente l’età troppo giovane, al di sotto dei diciotto anni comporta, oltre che possibili problemi di natura organica, difficoltà educative dovute ad una scarsa autorevolezza e alla presenza di comportamenti eccessivamente amichevoli e poco consoni al ruolo genitoriale.[2] Di contro, nell’età troppo avanzata, al di sopra dei trentacinque anni, nella relazione e nell’educazione di un bambino concorrono negativamente, oltre l’ampio divario generazionale, la più intensa emotività, la maggiore fragilità psicologica, la minore elasticità mentale. Pertanto, tra i genitori attempati ed i loro figli sono più frequenti i legami ansiosi e patologici. Come lasciare, ad esempio, che il figlio scelga liberamente la strada da percorrere nella vita quando, vivendo una situazione di fragilità e malinconia, lo si vorrebbe più intensamente e per un tempo più lungo legato a sé?

Non è da sottovalutare, inoltre, una più intensa inquietudine nei figli di genitori attempati dovuta alle più gravi e frequenti malattie presenti  in questi ultimi insieme ai timori per la loro scomparsa.

Oggi che le cause delle maternità precoci sono dovute essenzialmente alla estrema libertà sessuale di cui godono gli adolescenti, gli interventi di prevenzione non possono che essere di tipo educativo. Pertanto non dovrebbe mancare, nei confronti degli adolescenti così come verso i giovani, una costante guida autorevole e morale da parte dei genitori e dei familiari. D’altra parte le istituzioni pubbliche dovrebbero farsi garanti delle immagini e dei contenuti che sono proposti giornalmente ai minori, in modo tale da valorizzare e stimolare in questi un uso attento e responsabile della sessualità, evitando di farla apparire, come spesso avviene in numerosi film e spettacoli, come un piacevole gioco, un divertente passatempo o soltanto uno dei modi con i quali si possono esprimere i sentimenti amorosi.

c)     La serenità dell’ambiente.

Il fragile essere umano che si sta formando nel ventre materno, ha la necessità di crescere e svilupparsi in un ambiente sereno. E poiché, prima della nascita, l’ambiente del bambino è dato soprattutto dalla madre, il piccolo ha bisogno che questa donna viva l’esperienza della maternità con distensione, gioia e ottimismo, in quanto queste condizioni facilitano molto gli aspetti biologici della gravidanza e l’instaurarsi di un positivo e fisiologico rapporto madre – figlio.

Una madre psicologicamente equilibrata e serena, riesce infatti ad affrontare molto meglio gli eventuali malesseri e problemi che si dovessero presentare durante i nove mesi di attesa, senza paure eccessive e senza andare facilmente e inutilmente in ansia. Ansia e paure che, se durevoli o troppo intense, rischiano di compromettere e danneggiare il fisiologico decorso della gravidanza.

Se è vero che l’equilibrio e la serenità della madre sono dati soprattutto dalle sue caratteristiche psicologiche, è altrettanto vero che l’aiuto ed il sostegno che può ricevere dalle persone che le sono vicine e con le quali entra in contatto, è fondamentale. In molte culture viene prestata un’enorme attenzione alle donne in attesa, verso le quali viene attuata una notevole protezione da parte delle loro famiglie e di tutta la comunità nella quale vivono, al fine di evitare loro ogni trauma sia fisico sia psicologico.

Intanto è fondamentale l’apporto del marito, o comunque del padre del bambino. Questi, durante tutto il periodo della gestazione e dell’allevamento del bambino, ha il compito di creare attorno alla madre e nella famiglia, un ambiente il più tranquillo, caldo e confortevole possibile, in modo tale da permettere alla sua donna di lasciarsi andare, nei confronti del figlio, a quell’atmosfera particolare e a quell’intimità speciale, che è indispensabile al fine di intraprendere il fondamentale rapporto empatico con la loro creatura. Compito del padre è inoltre quello di metterla al riparo, con il suo lavoro e le sue attenzioni ed il suo comportamento, da attività faticose e da ambienti inquinanti o stressanti che potrebbero danneggiare il prodotto del concepimento.

Per WENNER: Una buona madre ‹‹…ha un rapporto stretto con il marito ed è desiderosa e felice di far conto del suo aiuto. A sua volta è capace di dare spontaneamente agli altri, compreso al proprio bambino. Al contrario una donna che ha grosse difficoltà emotive, durante la gravidanza e il puerperio ha grosse difficoltà nel fare affidamento sugli altri. Essa è incapace di manifestare il suo desiderio di sostegno, oppure lo fa richiedendolo in modo aggressivo, riflettendo in ambedue i casi la sua mancanza di fiducia che ciò possa verificarsi .››[3]

 

Altrettanto importante è l’apporto degli altri familiari i quali hanno anche il compito di offrire con la loro presenza, con le loro parole ed i loro comportamenti, segnali inequivocabili di sostegno, disponibilità e supporto alla coppia, così che questa possa meglio capire, vivere e affrontare gli eventi sia positivi sia negativi di questa fase particolare della vita della madre e del bambino.

Di particolare importanza è il compito delle donne della famiglia: madre, suocera, zie, cugine più anziane. Queste dovrebbero essere in grado di sostenere, aiutare, consigliare le neo-mamme soprattutto nelle prime settimane del suo rientro a casa dopo il parto. Compito che dovrebbero svolgere con dolcezza, serenità e affetto, rispettando i bisogni della puerpera senza per altro essere eccessivamente invadenti ed opprimenti. In molti paesi ed in molte culture questo supporto è costante e stabile. Ciò purtroppo non sempre avviene nei moderni paesi occidentali nei quali, per motivi vari: impegni lavorativi eccessivi, chiusura della coppia nei confronti della rete parentale, notevoli distanze fisiche tra l’abitazione della madre in attesa ed i suoi familiari, la neo-mamma rimane sola, in balia dei suoi dubbi, insicurezze e scarse conoscenze sulla migliore gestione sia della gravidanza sia, in un momento successivo, del neonato. Infatti le conoscenze ottenute dalla lettura di libri e riviste sull’argomento non riescono a fornire loro un sufficiente supporto per un compito molto complesso e variegato che necessita di molte esperienze pratiche.

I medici, d’altra parte, non si possono sottrarre all’obbligo di costruire, coltivare e mantenere con le loro parole e con i loro comportamenti nell’animo della madre e della famiglia della gestante un buon equilibrio e benessere psichico, evitando tutte quelle visite, terapie ed esami inutili o superflui che potrebbero provocare stress sia alla madre che al suo piccolo.

d)    La positiva e costante comunione con il nascituro.

 

In condizioni di normalità il legame con il figlio spesso precede, almeno nella fantasia e nel cuore dei genitori, l’evento stesso della gravidanza. Questo legame dovrebbe diventare tangibile quando la nuova vita bussa alla porta dell’esistenza e chiede di svilupparsi e crescere non solo come elemento organico e materiale, ma anche e soprattutto come essere umano ricco di capacità intellettive, affettive, relazionali e morali.

Quando questo legame è solido, continuo ed emotivamente gioioso, il cuore dei genitori e dei familiari diventa ampio, caldo e accogliente, per cui hanno scarsa importanza tutti quegli esami che tendono ad evidenziare una possibile disabilità al solo scopo di mettere poi la coppia nella tremenda alternativa di effettuare o no un aborto terapeutico o eugenetico. Se i genitori hanno fiducia nelle capacità e possibilità della natura, non accetteranno neanche di praticare quell’eccesso di esami clinici e visite ginecologiche che fanno soffrire sia la donna sia il nascituro, ma si atterranno soltanto a quelle ritenute utili ed indispensabili. E non importa, come invece oggi viene suggerito, che la madre senta il dovere di fare ascoltare una tenue e distensiva musica sinfonica al bambino che vive nel suo ventre: il battito calmo del suo cuore che vive e gusta l’attesa con serenità e gioia e il suo canto spontaneo, mentre attende alle normali occupazioni quotidiane, saranno, per il figlio che deve nascere, le migliori melodie. E non importa che la madre sia obbligata o spinta a raccontargli delle favolette. C’è tempo per le favole. Le voci serene, provenienti da una casa in cui regna l’armonia, saranno, nei mesi dell’attesa, le sue favolette preferite.

e)     La capacità di avvertire il bambino come dono.

Quando l’essere umano che si sta formando ha la fortuna di essere accolto da genitori e da una famiglia aperta alla vita, generosa nei confronti di se stessi e degli altri, l’attesa di un bambino può dare molto in quanto, quel nuovo cucciolo d’uomo assolutamente unico e irripetibile, è avvertito come un dono. Un dono al piccolo che nascerà. Un dono a se stessi, alla propria famiglia e alla società. Un dono per il mondo. E se i genitori e gli altri familiari sapranno costantemente comunicargli in ogni momento della sua vita questa disponibilità interiore, il bambino sentirà, dentro di sé e attorno a sé, questa splendida realtà: essere per tutti un regalo e mai un peso. Ciò sarà per lui fonte di sicurezza, calore e gratitudine. Servirà a rafforzare l’autostima. Sarà utile nel creare un legame solido, stabile e ricco di fiducia, con i suoi genitori e con la realtà che lo circonda.

Ma i doni vanno accettati così come sono. Se, invece, i genitori hanno delle attese e un’immagine irrealistica del figlio che dovrà nascere, se si aspettano solo delle qualità positive: ‹‹Sarà, intelligentissimo, bellissimo, sanissimo, incapace di fare capricci; sarà sicuramente in grado di rispondere ad ogni mia esigenza e aspirazione conscia e inconscia››, in questi casi la delusione e la frustrazione non potranno che essere pesanti ed invalidanti nei riguardi della relazione genitori - figlio. Così come saranno dolorosi i risvolti nei confronti del figlio, il quale  si avvertirà incapace di dare piacere e gioia ai suoi genitori, come ogni bambino vorrebbe.[4] D’altra parte, se il figlio si conforma a questa eccessiva ed irrealistica idealizzazione vi sarà il rischio di contribuire ad una ipertrofia dell’Io con segni di onnipotenza che può portare a vivere in maniera eccessiva ogni frustrazione, nel momento in cui, nel corso della vita, sarà costretto a confrontarsi con i suoi limiti e con i suoi errori.[5]

f)      Una realtà di coppia stabile.

 

La presenza di una coppia stabile, costituita da due persone di sesso opposto, unite da un saldo legame sociale, è elemento essenziale sia per vivere bene la gravidanza, sia per la futura educazione ed allevamento del bambino. La presenza di un saldo legame sociale, come può essere quello del matrimonio, in tutti i popoli ed in tutte le epoche è consequenziale a questa necessità. I motivi che rendono importante una condizione di coppia stabile e quindi di famiglia, sia durante la gravidanza che dopo, sono numerosi:

1.     l’essere umano è estremamente complesso per essere educato da un solo genitore;

2.     durante la gravidanza non sono rari i momenti difficili;

3.     la vita interiore del bambino necessita di due figure genitoriali;

4.     i possibili motivi di crisi o malessere possono essere più facilmente superati se accanto al bambino sono presenti due genitori;

5.     due genitori di sesso opposto permettono di introitare più facilmente una corretta identità e ruolo sessuale;

6.     la funzione educativa risulta più semplice quando sono presenti due genitori;

7.     un genitore solo ha maggiori problemi economici;

8.     la coppia è essenziale per una buona socializzazione del minore.

 

 

 1.     L’essere umano è estremamente complesso per essere educato da un solo genitore.

L’uomo è l’organismo più complesso da noi conosciuto. Le sue notevoli possibilità nel linguaggio, nell’intelligenza, la sua vita sociale e relazionale, la sua cultura, non possono essere sviluppate e realizzate senza l’intervento di più esseri umani, ognuno con un suo compito specifico. La madre, proprio perché portatrice di qualità particolari di tipo femminili, ha la possibilità di far crescere nel bambino, maschio o femmina che sia, quelle qualità affettive, emotive, relazionali, proprie del genio femminile, che sono indispensabili al nuovo essere umano. Mentre un padre, se è educato e si adopera in senso maschile, così come dovrebbe, può aggiungere al patrimonio materno le caratteristiche virili: la forza, il coraggio, la razionalità, la coerenza, la linearità e la fermezza. Qualità che sono altrettanto utili sia ai maschietti che alle femminucce.

2.     Durante la gravidanza non sono rari i momenti difficili.

Il periodo della gravidanza e poi del parto è spesso contrassegnato da momenti difficili, per cause organiche e psicologiche, in quanto il corpo e la mente della donna sono messi a dura prova dai numerosi e complessi adattamenti, indispensabili per ben accogliere la nuova vita che si sta formando. Soprattutto l’equilibrio interiore della madre può essere turbato a causa della maggiore fragilità emotiva, dall’ansia e dalle paure che possono sorgere nel suo animo, nel momento in cui è costretta ad affrontare questa nuova, sconvolgente esperienza e le varie difficoltà e problemi che possono sopravvenire nel corso dei nove mesi. Le sue ansie, su come procederà la gravidanza e le sue paure: di un bambino malformato, di un parto prematuro, della morte del feto, della sua morte, risulteranno notevolmente attenuate se, accanto a questa donna, vi è un uomo, padre del bambino, legato a lei da vincoli sociali e di amore, capace di esserle vicino e di rassicurarla. La certezza di non essere sola in quei momenti e nei possibili frangenti che potrebbero coinvolgerla, rende la donna più serena e sicura. E questa serenità e sicurezza inevitabilmente sarà trasmessa al bambino che porta in seno.

3.     La vita interiore del bambino necessita di due figure genitoriali.

 

Il bambino ha, nei confronti dei genitori ma anche del mondo che lo circonda, sentimenti contrastanti fin dalla nascita. Se ottiene dalla persona che lo cura e che gli sta accanto quanto desiderato in quel momento: costante attenzione, tenerezza, piacere e soddisfacimento dei suoi bisogni, egli prova amore verso questa persona. Egli è lieto di quest’amore e gode di questo sentimento positivo che appaga il suo animo e riempie il suo cuore di serenità e sicurezza. Ma se quella stessa persona, in un dato momento, per un motivo qualunque, non è più in sintonia con lui per cui lo rimprovera, lo contrasta nei suoi desideri o non l’accontenta così come dovrebbe, questa persona assume l’aspetto di un essere cattivo, per cui nei suoi confronti, è facile che egli provi risentimento e a volte desiderio di morte e distruzione. Ciò lo spinge a cercare comprensione e attenzione altrove. Se accanto alla sua mamma vi è un padre, in quel momento verso di lui disponibile e capace di accoglienza e cura, la sua tristezza si placa, la sua fame di gioia si sazia, il suo cuore si rasserena ed è più facile, per questo bambino, recuperare l’equilibrio interiore che è andato momentaneamente in crisi. Cosicché permane in lui una buona fiducia, apertura e vitalità interiore che lo incoraggia ad aprirsi agli altri e al mondo. Ma se ciò non gli è possibile, in quanto accanto alla madre non vi è un padre, non vi è un uomo legato a lui da vincoli di sangue e di amore, che possa accogliere e soddisfare i suoi bisogni, rimane intrappolato nei suoi desideri e pensieri negativi. Infatti, distruggere o odiare consciamente o inconsciamente la persona che in quel momento gli appare cattiva, è come distruggere e odiare l’unica fonte di amore, piacere e cure a sua disposizione, per cui è come distruggere e odiare se stesso ed il mondo. In tali condizioni il bambino proverà a trovare all’esterno della famiglia o nel proprio Io l’elemento “buono”. I limiti di questa possibile strategia e difesa sono evidenti in quanto non sempre, all’esterno della sua famiglia, vi sono persone affidabili, costantemente disponibili, presenti e a lui strettamente legati da vincoli d’amore e quindi vi è il reale rischio di avere altre delusioni che accentueranno la sua rabbia ed il suo pessimismo. Tra l’altro può essere contemporaneamente invischiato dai sensi di colpa verso il proprio genitore in quanto, la ricerca di un amore al di fuori della sua famiglia può essere vissuto come un tradimento verso la persona che, fino a quel momento, ha avuto cura di lui. L’altra possibilità, il chiudersi in se stesso, cercando nell’intimità del proprio Io l’elemento consolatore buono, lo costringe a rinunciare al sentimento di fiducia e apertura verso gli esseri umani e verso il mondo e ciò, inevitabilmente, porterà una notevole riduzione della spinta vitale e sociale e quindi lo costringerà alla chiusura e alla solitudine.

4.     I possibili momenti di crisi o malessere possono essere più facilmente superati se accanto al bambino sono presenti due genitori.

Sappiamo che la vita di una persona, anche la più sana ed equilibrata, subisce dei momenti di crisi per cause organiche o psicologiche. Non sono rare le malattie che possono impedire o mettere in difficoltà le capacità di cura e di attenzione di uno dei genitori, come non sono rare le problematiche psicologiche, anche momentanee o reattive a qualche evento difficile o luttuoso, che possono impedire il sereno e costruttivo rapporto con i figli. Tali malesseri fanno parte della condizione umana. La possibilità che in tali frangenti vi sia un altro o un’altra che sostituisca, in tutto o in parte, il genitore in difficoltà, permette al bambino quella continuità educativa e di cure di cui egli non può fare a meno.

5.     Due genitori di sesso opposto permettono di introitare più facilmente una corretta identità e ruolo sessuale.

Se accanto al bambino vi sono costantemente due figure genitoriali di sesso opposto, è possibile garantire al bambino una corretta identità e un adeguato ruolo sessuale. Qualità queste fondamentali per un buon equilibrio psichico, che gli potranno permettere di vivere serenamente i rapporti affettivi ed amorosi con l’altro sesso e, nello stesso tempo, gli daranno in futuro la possibilità di offrire alla propria donna e ai propri figli le specifiche caratteristiche maschili: forza, determinazione, coerenza, linearità; o le caratteristiche specifiche femminili: dolcezza, capacità di ascolto e di cure, comprensione, tenerezza, accoglienza.

6.     La funzione educativa risulta più semplice quando sono presenti due genitori.

 

 

Quando sono presenti due genitori è più facile che nelle funzioni educative si stabilisca un gioco di squadra nel quale ognuno dei due assume su di sé un compito specifico nel quale è sostenuto e aiutato dal compagno. Sapere di poter contare su un altro dà sicurezza e serenità, allontana i dubbi, le perplessità e le paure, per cui il risultato sarà sicuramente migliore che non pensando o pretendendo di assumere su di sé tutti i ruoli e tutti i compiti.

Oggi purtroppo questa esigenza viene sempre di più sottovalutata a causa della falsa, maggiore sicurezza sulle proprie capacità economiche, fisiche e psichiche, ma anche a motivo dell’eccessiva e mal riposta fiducia nei confronti dei servizi sociali che dovrebbero accompagnare la persona sola lungo il corso della sua esistenza. ‹‹Perché preoccuparsi di avere accanto a sé un uomo, il padre del bambino, quando io guadagno benissimo per cui posso tranquillamente fare a meno dell’apporto materiale di quest’uomo? ›› ‹‹Perché preoccuparsi di avere accanto un uomo quando io possiedo un carattere forte e deciso per cui non avrò problemi dell’affrontare con grinta e determinazione tutte le possibili difficoltà che la vita potrà presentarmi? ›› ‹‹Perché chiedere l’aiuto di un uomo quando sono certa che lo stato mi assisterà con i suoi servizi sociali, con i suoi medici e con le sue istituzioni, sia durante sia dopo la gravidanza?››

Abbiamo detto sopra che i servizi danno una falsa sicurezza in quanto non hanno, per loro natura, nessuna delle caratteristiche necessarie ad un compito educativo primario. Compito educativo che necessita di essere sostenuto da un legame affettivo stabile, responsabile e continuo nel tempo.

Pertanto, un genitore solo rischia di oscillare, nella quotidiana attività educativa, da un comportamento troppo rigido ad uno troppo permissivo, senza riuscire a trovare il giusto equilibrio, in quanto è attanagliato dal dubbio e dall'incertezza di non fare ciò che più serve nei confronti del figlio. Non sa, non capisce quale sia il comportamento educativo più corretto, in quanto non ha la possibilità di confrontarsi e di dialogare con un altro. La mancanza d’aiuto e di sostegno lo rende facilmente ansioso, timoroso ed insicuro. Il genitore solo è privo, inoltre, della possibilità di mediazione nei confronti dei figli. Cosa questa che solo la presenza di un altro può permettere.

Inoltre, un genitore che svolge il suo difficile compito in solitudine, rischierà, più facilmente, di essere coinvolto in un rapporto con i figli eccessivamente inglobante, con conseguente attaccamento ansioso o morboso. A sua volta questo patologico attaccamento, nonché la gelosia del proprio primato e del riconoscimento affettivo, potrà nel tempo limitare o impedire alla prole i normali investimenti affettivi ed amorosi al di fuori della famiglia.

Quando a guidare una famiglia è solo una madre, sono frequenti nella donna il senso di solitudine, l’insicurezza e la paura di non farcela, di non riuscire, di non saper bene educare il figlio e quindi la presenza di ansia e di sensi di colpa. La madre single si chiede se davvero è in grado di dare al figlio tutto ciò che gli serve. Pesa eccessivamente ogni decisione, avendo continuamente paura di sbagliare, tende ad oscillare tra atteggiamenti permissivi e autoritari senza mai trovare un equilibrio stabile, una linea di condotta coerente. [6] Accanto a queste paure vi sono il timore ed il sospetto di trasmettere ai figli le proprie insicurezze ed ansie, tanto da impedire loro di raggiungere un sano equilibrio. Vi è inoltre il rischio di instaurare un rapporto simbiotico con i figli, che possono assumere di volta in volta il ruolo di amici e amiche così da sostituire l’amore per un uomo. Questi rapporti simbiotici rischiano di limitare la loro crescita affettiva e sociale.

Ma anche il padre single ha i suoi problemi. L’uomo non essendo geneticamente predisposto per le cure intime e personali, nel vivere quotidianamente con i figli fa fatica ad assumere un rapporto flessibile, caldo, delicato ed accogliente, in quanto con difficoltà egli vede e sente le sfumature emotive nei dialoghi e nelle situazioni, pertanto è più propenso a dare risposte immediate ai problemi della famiglia, piuttosto che a far rivivere e far sedimentare le emozioni dei figli.

7.     Un genitore solo ha maggiori problemi economici.

Quando è solo un genitore a guidare una famiglia, spesso le condizioni economiche sono più ristrette e precarie.

8.     La coppia è essenziale come strumento di socializzazione.

È la coppia che dà concreto e vivente esempio di come si gestisce un rapporto interpersonale, fatto di accettazione dell’altro per quello che è e non per quello che si pretende che sia, mentre, nello stesso tempo permette di evidenziare la bellezza del servizio reciproco tra i coniugi. E’ il vivere in coppia che può permettere di dimostrare al bambino come si possa condurre una vita comunitaria organizzata non su supporti gerarchici ma su una parità integrativa. E’ la coppia che abitua il bambino ad uscire dall’io per costruire il noi.[7] È , infine, la coppia che aiuta e supporta il superamento della fase edipica.

 

 


[1]  Cfr. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e  Barbera, 1965, p. 45

[2]  In Italia oltre 4700 mamme hanno meno di 19 anni. La maggiore concentrazione è al sud: Sicilia 780, Campania (644) Puglia (441). Dati Adnkronos Salute 2008)

[3]  WENNER in J. BOWLBY, Costruzione e rottura dei legami affettivi, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1982, p. 111

[4]  M. ZATTONI - G.GILLINI,  “Di mamma non ce né una sola”, in Famiglia oggi, 2003, N° 2, p.19.

[5]  M. ZATTONI - G.GILLINI,  “Di mamma non ce né una sola”, in Famiglia oggi, 2003, N° 2, p.20.

[6]  J. STEFANI, “Donne al timone”, in Psicologia contemporanea, 2006, 195, p.15.

[7]   C.A. MORO, “Diritti del minore e diritti degli adulti: uno scontro insolubile?”, in La famiglia, n° 166, anno XXVIII, luglio agosto, 1994, p. 22.

 

 

 

 

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