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Preparazione alla scrittura: punti fondamentali

PUNTI FONDAMENTALI


Un programma di preparazione alla scrittura si deve necessariamente basare sull’osservazione del bambino.

 

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      L’osservazione deve evidenziare il funzionamento di tutte quelle strutture psichiche e neuromotorie indispensabili a questa funzione. È compito del neuropsichiatra infantile evidenziare le cause, prossime o remote, della difficoltà nell’apprendimento della scrittura.

      Compito dell’educatore, anche se in possesso della relazione del neuropsichiatra infantile, sarà quello di rilevare le condizioni attuali delle capacità del bambino e le sue potenzialità di adattamento, sia di tipo psicologico che cerebrale e neuro-muscolare.

      Il rendersi conto personalmente più che delle cause remote, delle conseguenze pratiche che queste comportano, potrà permettere di individuare i metodi, i tempi e le tecniche educative, oltre che effettuare una realistica prognosi.

      Nel caso in cui ad esempio una cerebropatia spastica abbia provocato disturbi gravi nella coordinazione motoria, poiché spesso, nonostante tutti i tentativi di rieducazione, permangono delle difficoltà insormontabili che rendono la scrittura, anche se possibile molto faticosa e difficile, è attuabile una scelta di tecniche che portino il bambino all’uso di mezzi espressivi diversi, piuttosto che inutili faticosissimi tentativi con la penna o la matita.

      In un caso diametralmente opposto, nel caso ad esempio di un bambino nevrotico, sia la scelta delle tecniche che i modi per avvicinare il bambino alla scrittura sono diversi. In questo caso ci si dovrà rendere conto che i giochi preparatori con la sabbia, la creta, la plastilina, rimangono lo stesso utilizzabili, anche se per questi bambini non hanno una funzione di stimolo della coordinazione motoria ma si pongono invece come strumenti più facili e accettabili per avvicinarli all’uso di mezzi sentiti freddi e stressanti, come la penna o la matita.

      Questo potrà comportare a volte, se il bambino migliorerà nel rapporto con sé stesso e con gli altri e sarà quindi più sereno, dei salti spontanei nell’acquisizione di questa capacità in quanto le abilità manuali preesistevano e noi con i nostri interventi abbiamo soltanto permesso lo sbocco di tali  possibilità.

      A questo proposito ricordiamo che è di enorme importanza associare agli esercizi-gioco da noi proposti quelli di tipo psico-motorio proposti da vari autori indispensabili per l’indipendenza e il rilassamento delle braccia e delle spalle, il controllo di muscoli delle dita e della mano, la consapevolezza tattile e cinestetica delle forme e delle posizioni, gli esercizi di ritmo.

La scrittura

LA SCRITTURA


      A differenza del disegno, che lascia ampia libertà di moduli espressivi, la scrittura richiede movimenti dei muscoli del braccio, del polso e della mano, molto precisi, e coordinati. Proprio per questo il disegno è un mezzo espressivo molto più spontaneo, immediato, adeguato alla capacità del bambino piccolo o handicappato più di quanto lo sia la scrittura che è invece la  rappresentazione grafica dell’attività parlata e richiede pertanto una capacità di simbolizzazione e di astrazione che il bambino non può avere.

      Per poter scrivere questi infatti deve aver raggiunto una completa maturazione di alcune capacità motorie e deve possedere una buona capacità di discriminazione visiva, di coordinazione oculo-manuale, di organizzazione spaziale.

      Tali condizioni psico-fisiche, indispensabili alla scrittura, il bambino normale le raggiunge verso i cinque-sei anni.

      Ciò nonostante, molto prima, a partire dai due anni e mezzo, molti bambini cercano di imitare la scrittura tracciando linee orizzontali per tutta la larghezza del foglio; successivamente il tracciato assume un andamento ondulato, più simile alla scrittura.

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A tre anni sviluppano la tendenza a chiudere le forme aperte. A quattro anni i bambini disegnano alcune lettere dell’alfabeto (specie le maiuscole a stampatello) e le sanno collegare a persone loro vicine o ad oggetti per loro importanti (ad es. dicono “Ho scritto te” rivolgendosi al padre dopo avere tracciato la lettera “P” ). Non sono capaci però di mantenerle su una linea di base.

      A cinque anni spesso il bambino impara a tracciare diverse lettere e, in relazione alle stimolazioni e all’aiuto che riceve dall’adulto, può imparare a scrivere il proprio nome o semplici paroline, anche se a caratteri grandi e irregolari.

      Il processo di apprendimento della scrittura, così avviato, evolve, in genere, senza particolari problemi fino a che il bambino, raggiunta la padronanza delle regole ortografiche, grammaticali e sintattiche, riesce ad esprimere agevolmente per iscritto qualsiasi contenuto. S il disegno è più immediato e spontaneo quando il bambino è piccolo mentre successivamente con l'aumentare dell'età diventa più stereotipato, la scrittura, al contrario è molto più legata alle richieste degli adulti quando il bambino è piccolo ma diventa più spontanea, ricca e personale con la maturazione dell'essere umano.

      Si riscontrano tuttavia nell’esperienza scolastica molti casi di bambini con difficoltà nell’apprendimento della scrittura.

      Le cause della disgrafia possono essere molteplici: cerebropatia, ritardo mentale, disturbi della coordinazione dinamica, laterizzazione incerta, disturbi del linguaggio e percettivi, disturbi della strutturazione spazio-temporale, nonché della sfera affettiva e relazionale.

      Per il bambino che soffre interiormente per ansie, paure, difficoltà di adattamento verso i genitori o l’ambiente, per conflitti interiori non risolti, lo scrivere diventa estremamente difficile e a volte impossibile, in quanto gli manca quella serenità necessaria che gli permetta di staccarsi dal proprio mondo interiore e dai propri pressanti problemi e concentrarsi sull’attività che gli viene richiesta, ma di cui egli non avverte né la necessità, né l’urgenza.

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""""""""""""""""""  BUONA PARTE DEI TESTI DI QUESTA SEZIONE SONO STATI TRATTI DAL LIBRO "PREPARAZIONE ALLA SCRITTURA -  DI EMIDIO TRIBULATO - ANNA NEGRI - MARGHERITA RIOLO   """""""""""""""""""""

Fin dai primi mesi di vita, il bambino prende coscienza della propria esistenza, della possibilità di imporre la propria presenza, di incidere sull’ambiente estero e di modificarlo, quando comincia a lasciare le prime tracce, un “qualcosa” da lui prodotto che è osservabile, riconoscibile e identificabile da sé stesso e dagli altri.

      All’inizio queste tracce sono rappresentate dai suoni che egli emette e che man mano modifica, perfeziona e differenzia sino a farne un vero e proprio linguaggio, una prima rudimentale forma di comunicazione. In seguito, nel processo di esplorazione dell’ambiente, il bambino viene a contatto con dei materiali, dapprima non strutturati allo scopo (acqua, saliva, sabbia, polvere…) e quindi successivamente con gessi, matite, penne utilizzando i quali, in un modo qualunque, può lasciare una traccia grafica.


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Dal compiacimento che prova nello scoprire i segni da lui prodotti, nasce l’interesse e il desiderio di riprodurli, così egli inizia a scarabocchiare, anche se non ha ancora raggiunto un sufficiente controllo motorio.

      Inizialmente l’attività grafica è grossolana, coinvolge tutto il corpo, i movimenti sono molto larghi, si espandono in diverse direzioni, a seconda della posizione in cui si trova il bambino.

      Ad un certo punto questi scopre la corrispondenza che esiste tra i suoi movimenti e i segni ottenuti: il gesto, dapprima istintivo o casuale, diventa intenzionale ed il bambino comincia a indirizzare i suoi movimenti e a variarli, perfezionando la sua abilità e la coordinazione visuo-motoria.

      Lo scarabocchio rappresenta per il bambino uno dei mezzi con il quale egli manifesta i suoi stati d’animo. Esprime la sua aggressività attraverso l’intensità maggiore o minore con la quale segna il foglio o lo strappa con dei segni violenti, molto netti, decisi e irregolari. Manifesta la sua gioia attraverso linee che si espandono  e si modellano in modo dolce e armonioso sul foglio; esprime le sue paure attraverso piccoli segni cui attribuisce un potere magico.

 

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      Ciò avviene senza alcuna pretesa di rappresentazione della realtà. Tuttavia fin dall’inizio lo scarabocchio non è solo un evento cinetico che provoca un piacere fine a sé stesso, privo di elementi intellettivi o affettivi, ma già in esso possiamo evidenziare alcuni aspetti della vita interiore e del carattere del bambino stesso. 

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