Autostima

Autostima

 

I racconti di Marco

In Marco, un ragazzo di tredici anni, abbiamo potuto evidenziare la scarsa autostima solo dai suoi racconti, mentre i genitori notavano in lui e riportavano come problemi soltanto le sue paure, le difficoltà nella scrittura, le ansie ed il suo nervosismo.

Primo racconto

Un brutto bambino che voleva imparare a guidare.

“C’era una volta Luigi. Oggi era il giorno per prendersi la patente. Nella scuola guida tutti ridevano di lui perché aveva i baffi e i denti gialli. Quando è salito sulla macchina, l’insegnante si è spaventato per la sua bruttezza. Luigi si è sorpreso della reazione dell’insegnante e premeva l’acceleratore. L’insegnante gli disse che lui sbagliava. Ogni cosa che faceva lo rimproverava. Lui era molto confuso e poi alla fine non ha preso la patente e gli amici lo prendevano in giro. Lui provò nuovamente a guidare bene la macchina e ci riuscì, ma non si accorse che una macchina gli stava venendo addosso, lo investì e morì”.

In questo primo racconto, effettuato nel suo percorso terapeutico, il bambino descrive, come meglio non si potrebbe, cosa innesca la disistima, cosa la mantiene viva e le conseguenze che essa provoca. Intanto egli evidenzia immediatamente come la semplice diversità possa diventare agli occhi degli altri bruttezza fisica e, come ciò, provochi molto spesso ilarità e dileggio (Nella scuola guida tutti ridevano di lui perché aveva i baffi e i denti gialli). L’ilarità ed il dileggio, a sua volta,provocano nel malcapitato uno stato di frustrazione che si traduce in malessere psicologico, con conseguente incapacità nelle attività intraprese (Luigi si è sorpreso della reazione dell’insegnante e premeva l’acceleratore). L’incapacità, a sua volta, alimenta altre frustrazioni: in questo caso l’essere bocciato agli esami di guida alla quale consegue l’ulteriore derisione da parte dei compagni per questa bocciatura (alla fine non ha preso la patente e gli amici lo prendevano in giro). Da notare come le reazioni di chi ci circonda, anche se adulto e con un ruolo educativo, spesso non fanno altro che accentuare i problemi del minore, vittima di queste problematiche (L’insegnante gli disse che lui sbagliava. Ogni cosa che faceva lo rimproverava).

Marco, nel suo racconto sottolinea poi, come la conseguenza della disistima provochi in lui un grave disagio interiore: la confusione, la quale, a sua volta, non fa che peggiorare il rendimento (Lui era molto confuso). Il pessimismo e lo stato mentale che ne consegue, impediscono che la reazione positiva del bambino che si sforza in tutti i modi di uscire da questa triste situazione (Lui prova nuovamente a guidare bene la macchina e ci riuscì, ma non si accorse che una macchina gli stava venendo addosso, la macchina lo investì e morì).

Queste ultime, tragiche parole, con le quali Marco conclude il racconto, evidenziano molto bene lo stato d’animo del bambino che soffre di disistima. L’essere investito e il morire non sono solo la conseguenza funesta del disagio interiore e della conseguente confusione, possono rappresentare, purtroppo, anche il desiderio più profondo di ogni minore che si trova in questa grave situazione di malessere!

Secondo racconto

Vittima della dea della bruttezza.

“C’era una volta un uomo di nome Claudio. Questo piaceva a tutte le ragazze. Un giorno, nel cielo, lo vide la dea della bruttezza che lo fece diventare brutto, con occhi di colori diversi. Quando le ragazze lo videro svennero per tanta bruttezza. Lui, scoprendo il sortilegio, salì nel cielo e chiese alla dea il motivo del sortilegio e lei gli rispose che nessuno poteva essere più bello di lei, ma che ciò che contava era la bellezza interiore e non quella esteriore”.

In questo secondo racconto Marco manifesta la sua scarsa autostima focalizzandola, ancora una volta, sulla bellezza fisica. In questo caso è l’invidia degli altri a provocare i suoi problemi. Il bambino cerca di capire il perché possa essere coinvolto in questo tipo di situazione e ne dà la responsabilità non più a se stesso ma a qualcuno fuori di lui(Un giorno, nel cielo lo vide la dea della bruttezza che lo fece diventare brutto, con occhi di colori diversi). Le conseguenze di ciò non possono che essere disastrose (Quando le ragazze lo videro svennero per tanta bruttezza)! Tuttavia poiché i suoi problemi provengono dall’esterno egli può cercare di risolverli (Lui scoprendo il sortilegio salì nel cielo e chiese alla dea il motivo del sortilegio e lei gli rispose che nessuno poteva essere più bello di lei). Alla fine del racconto il bambino prova ad accettarsi così come egli è, mettendo in bocca alla stessa dea gelosa le parole che tante volte si sarà detto per cercare di diminuire la sua scarsa autostima (che ciò che contava era la bellezza interiore e non quella esteriore).

Terzo racconto

 

L’albero diverso.

“C’era una volta un seme, l’agricoltore ha cominciato a dare acqua al seme e, dopo un po’, è nato un bell’abete, che era diverso dagli altri: con foglie gialle a forma di albero di bosco. Gli altri pini lo vedevano diverso e lo prendevano in giro e lui rispondeva che era diverso perché era migliore e chiedeva di essere lasciato in pace. Il povero albero pensò a quello che dicevano gli altri pini e dubitava di essere un vero pino. Cercando, scoprì di essere stato piantato lì per sbaglio. Tuttavia lui era contento perché capì di essere speciale”.

Il miglioramento di Marco si evidenzia molto bene in questo terzo racconto, nel quale egli riesce ad avere una buona accettazione di sé e della sue particolari caratteristiche, così da potersi confrontare con gli altri coetanei e reagire adeguatamente ai loro dileggi (Gli altri pini lo vedevano diverso e lo prendevano in giro e lui rispondeva che era diverso perché era migliore e chiedeva di essere lasciato in pace). Ed è sempre in questo racconto che il bambino riesce a staccarsi dal bisogno di omologarsi con il gruppo esaltando le sue peculiarità. Alla fine del racconto, Marco riesce a giudicare la sua diversità non come un limite o un handicap ma come un valore (Tuttavia lui era contento perché capì di essere speciale). 

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato:

 


"I bambini raccontano - Interpretazione dei

 

racconti infantili".

 

 

 

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