Le paure nei racconti dei bambini

Le paure nei racconti dei bambini

Le paure e le fobie sono molto frequenti nell’infanzia, poiché i bambini non conoscono le caratteristiche della realtà nella quale

sono inseriti ed avvertono, più degli adulti, molti pericoli nella realtà che li circonda. Avendo scarsa esperienza, non sanno ancora di chi e di che cosa possono fidarsi e chi e che cosa devono invece temere. D’altra parte i timori sono anche un mezzo di protezione rispetto agli estranei e alle situazioni che potrebbero comportare dei rischi. A ciò si aggiunga una maggiore emotività presente nell’infanzia e minori difese psicologiche capaci di contrastare le emozioni negative.

Tra l’altro, i piccoli hanno difficoltà a distinguere le paure vere, oggettive, da quelle false e soggettive, che nascono dalla loro mente. Per tale motivo queste possono essere fisiologicamente presenti anche nei minori che rientrano nella fascia della normalità, anche se sono maggiormente presenti e soprattutto sono molto più intense, nei bambini che, per motivi vari, soffrono di qualche problematica psicologica.

Per distinguere le paure fisiologiche dell’infanzia da quelle patologiche, presenti nei disturbi psichici, dobbiamo tenere presenti l’età del bambino; il numero delle paure, la loro frequenza, l’intensità e, soprattutto, l’associazione con altri segnali di sofferenza.


Riccardo - Primo racconto

Un mostro che faceva paura

C’era una volta un mostro che faceva paura e poi ci mangia.

Riccardo, un bambino con disturbi autistici, a commento di un suo incomprensibile disegno, manifesta una delle sue paure. Questo bambino, come tutti i minori che soffrono di sintomi di autismo, quando questa sintomatologia era grave, si sentiva invaso da paure che non riusciva a comunicare verbalmente ai suoi genitori. Riuscì a fare ciò solo quando gli fu data la possibilità di disegnare e commentare i contenuti dei suoi disegni. Queste due attività diventarono nei suoi confronti degli ottimi strumenti terapeutici.

 

Riccardo - Secondo racconto

 

Due bambini mangiati da un mostro

C’era un mostro che ha mangiato due bambini e sono morti.

Questo secondo disegno di Riccardo è più comprensibile, ma la paura è la stessa!

Un bambino che odiava la pioggia

C’era una volta un bambino di nome Gigi, il quale non voleva mai che si mettesse a piovere. Un giorno la madre gli spiegò che prima o poi questo effetto naturale doveva accadere. Se lui non ci avesse fatto caso, la pioggia sarebbe durata pochissimo. Infatti, in quel preciso istante, si mise a piovere e Gigi si mise a parlare con la mamma e non ci fece caso (alla pioggia). Dopo poco tempo sparì la pioggia e venne l’arcobaleno.

Una delle tante paure presenti anche nei bambini normali riguarda la pioggia e, soprattutto, i temporali. Anche perché, questi fenomeni atmosferici sono accompagnati da violenti lampi e tuoni.

La pioggia viene associata dai bambini, e non solo da loro, alla tristezza: per non poter uscire, per non poter giocare fuori casa. La pioggia è associata anche alla paura, inculcata dai genitori fin da quando si è piccoli, che bagnarsi significa ammalarsi gravemente, tanto da poter morire. Per di più la pioggia, con il suo martellare continuo, può essere collegata dai bambini alla sensazione di essere colpiti e aggrediti da qualcosa d’imponderabile.

Nel racconto di Gigi la paura scompare quando la madre riesce a rasserenarlo, dicendogli che la pioggia è un avvenimento naturale. In tale occasione l’intervento materno fu adeguato e, quindi, risolutore. Il bambino recepì correttamente il messaggio della madre: la pioggia, come tutte le cose sgradevoli della vita, per fortuna non dura a lungo, ed è possibile che, anche dopo poco tempo, venga sostituita dall’arcobaleno: segno di speranza, gioia e protezione.

 

Giuseppe era buono

 Giuseppe era buono ma aveva problemi e perché? Perché si spaventava che sveniva e aveva questi problemi, cioè mal di pancia, e gli girava la testa.

Invece per Giuseppe, che si riconosce un buon bambino, la paura riguarda sé stesso e il suo corpo. Egli ha paura di svenire, di stare male, di morire. Queste paure gli impedivano di allontanarsi da casa per andare a scuola o anche di giocare nelle strade del paese, con i suoi compagni. Temeva che, stando lontano dai suoi familiari: nonni e madre, questi non potessero aiutarlo e salvarlo da morte certa. Tuttavia, nel racconto il bambino riesce ad associare, in maniera corretta, questa paura ai suoi problemi psicologici.

 

Le paure di Ivan

Le mie paure sono molte: la paura del buio, quando sto solo, la paura degli insetti, e la paura quando mi trovo in serie difficoltà. Prima avevo altre paure, però ora mi sono passate ed erano le ombre, quando i miei genitori litigavano. Le ombre che vedo assomigliano a dei ladri, che scambiano armi e che mi attaccano. Alcune volte vedo anche delle specie di ombre, che si nascondono dietro la tenda.

Ivan elenca una serie di paure che possiamo tranquillamente definire “patologiche”, sia per il numero di esse, sia per la loro qualità e intensità. Queste paure nascevano dalla presenza, nella sua famiglia, di frequenti e gravi conflitti tra i genitori. Le paure più gravi erano quelle che si manifestavano mediante dei disturbi dispercettivi (erano le ombre, quando i miei genitori litigavano. Le ombre che vedo assomigliano a dei ladri, che scambiano armi e che mi attaccano).

 Con questa immagine il bambino rappresenta molto bene l’atteggiamento che i genitori probabilmente avevano durante le liti: essere l’un contro l’altro armato, si spera solo di parole. Parole tuttavia sufficienti a rubare al figlio la serenità e la pace delle quali aveva diritto.

 

Emilia – Primo racconto

Emilia di otto anni, che presentava turbe emotive, labilità nell’attenzione, ansia di separazione, sonniloquio e soliloquio, aggressività verso gli oggetti, disturbi del comportamento, tendenza alla chiusura, ridotta autostima, sensi di colpa e indegnità e difficoltà negli apprendimenti curriculari, soffriva anche di numerose e intense paure che riesce a descrivere molto bene.

Le paure di Emilia

Ho paura che i miei genitori mi abbandonino o muoiano, così come mia nonna e mia sorella. Mi viene una forte agitazione e non riesco a calmarmi e in quel momento ho paura di tutto. Ho paura di non riuscire a superare tutto questo. Provo delle brutte sensazioni: mi sembra di trovarmi in un labirinto, dal quale non riesco più a uscire, poi questo labirinto si copre e lì muoio soffocata. Poi mi sembra che qualcosa di nero mi cada addosso.

Ho paura perché vedo delle brutte cose. Ho paura che mia sorella non mi voglia bene, come anche i miei genitori e i miei nonni. Mi sento sola e ho paura di tutto. Ho paura di quello che vedo, di tutto quello che mi sta intorno. Vedo cose brutte dentro di me, che non riesco a cancellare: di gente morta che vuole uccidermi, che mi prende. Poi entro in un buco nero nel quale vedo brutte cose. Vedo gente morta che non conosco, in brutte condizioni che non so disegnare. Ho paura, e se chiudo gli occhi è lo stesso. Tutto questo non riesco a levarlo dalla mente.

Emilia – Secondo racconto

Altre paure di Emilia

Quando ho dormito nella mia stanzetta avevo un po’ di paura; la mamma mi ha raccontato una storia per farmi dormire. La notte ero sveglia perché avevo tanta paura di addormentarmi. La notte, quando ci sono i fuochi d’artificio, ho paura! Poi, per farmi addormentare, non ho più paura del buio.

Emilia racconta anche della paura di addormentarsi. Questa paura è molto frequente nei bambini, tanto che molti di loro non riescono ad allontanarsi dal lettone dei genitori, per ottenere dalla presenza di mamma e papà e dal loro contatto fisico, un minimo di sicurezza. Inoltre, per alcuni bambini, addormentarsi può significare non controllare efficacemente la realtà che li circonda e quindi non poter intervenire se, ad esempio, uno dei genitori sta male. Inoltre, per alcuni bambini abbandonarsi al sonno significa rischiare di non potersi difendere nel caso si fosse assaliti dai ladri, dagli assassini o da altre persone malvagie.

La paura di addormentarsi può essere dovuta anche al timore di non potersi più svegliare o anche di non poter controllare efficacemente gli incubi presenti nei sogni.