E’ indubbia l’utilità della scuola materna se questa viene ad inserirsi in un’età ideale: tre - quattro anni, in cui il bambino, normalmente, è pronto ad aprirsi a persone, insegnanti ed altri bambini, che sono al di fuori della sua famiglia, senza la presenza di un genitore o di un familiare. A quell’età il bambino dovrebbe essere maturo, per uscire dal suo nido familiare, per cercare e accogliere nuovi stimoli alla socializzazione, nuovi rapporti d’amicizia ed una massa maggiore d’elementi culturali che lo possono arricchire ad aiutare nella sua crescita. La scuola materna dà al bambino la possibilità di socializzare con adulti che non conosce, ma con cui impara presto a dialogare e con cui avrà la possibilità di instaurare un rapporto affettivo e d’amore, diverso e complementare rispetto a quello genitoriale. Impara a vivere ed ad incontrarsi con altri bambini sconosciuti, diversi dai suoi parenti e dai suoi fratellini, con cui può stabilire rapporti d’amicizia, dialogo e collaborazione o con cui può imparare a difendersi ed a limitare gli elementi espansivi del proprio Io.
Abbiamo detto che questo è possibile normalmente ad un'età compresa tra i tre e i quattro anni. Questo margine è dovuto al fatto che l’età cronologica non sempre segue lo sviluppo psicologico del bambino. Vi può essere, infatti, fisiologicamente un diverso livello nella maturazione affettiva tra bambini della stessa età, come vi può essere la presenza di disturbi, e difficoltà relazionali che possono ritardare la maturazione psicologica. Possiamo allora dire che il bambino è pronto ad inserirsi nella scuola materna quando:
1. lo vediamo sereno, nei rapporti con se stesso e con gli altri (genitori, fratelli, sorelle, nonni, cugini e compagni), con i quali riesce a giocare senza molti problemi e con cui non ha paura di instaurare relazioni di dialogo;
2. ha conquistato lo spazio fisico e psicologico attorno a lui. Non ha paura di spostarsi, non solo nella sua stanza ma da una stanza all’altra della casa, così come in quella dei nonni e degli zii. E' capace inoltre di restare gioiosamente e serenamente per qualche ora in ambienti per lui non abituali, come le case dei compagni di giochi;
3. ha conquistato e superato quasi totalmente il rapporto con gli oggetti con cui era particolarmente legato: la sua tazza, il suo orsacchiotto, il suo vasetto, non sono più oggetti di cui non può fare a meno, può accettare e accetta con piacere, per qualche ora altri oggetti per giocare, con cui alimentarsi o adempiere alle funzioni fisiologiche.
Se questo non è avvenuto, l’inserire il bambino nella scuola materna o nell’asilo nido, diventa un trauma ed una forzatura che potrebbe portarlo a regredire a stadi precedenti in alcuni o in tutti i settori evolutivi, impedendogli una normale crescita affettiva e relazionale.
Non bisogna pertanto sottovalutare i campanelli d’allarme che i bambini istintivamente lanciano in queste occasioni. Alcuni di questi sono molto chiari ed espliciti come il pianto o il rifiuto di andare a scuola. Altri hanno bisogno di un'attenzione e valutazione maggiore. La regressione nell’autonomia e nel linguaggio con il ritorno a fasi che aveva già conquistato, la sofferenza espressa attraverso sintomi somatici come il dolore addominale, il vomito, debbono costituire per noi un chiaro campanello d’allarme e farci riflettere sulla sua reale situazione interiore. Solo se riusciamo a ben interpretare questi segnali, possiamo capire se c’è o no quella maturità richiesta per l’inserimento e quindi comportarci di conseguenza. La corretta lettura di questi segnali oggi è resa più difficile dalle “necessità” lavorative e sociali che ci portano a sottovalutare ampiamente il disagio dei bambini
Le cause delle difficoltà d’inserimento possono essere diverse. Spesso è evidente un eccessivo attaccamento ai suoi genitori o ad uno di essi con paure di perdita e d’abbandono. In questi casi solo il proprio ambiente familiare diventa rassicurante.
In altri casi può essere presente un ritardo nella maturazione affettiva, oppure uno scarso legame con l’insegnante, un eccesso di frustrazioni durante i primi giorni di frequenza della scuola, l’aggressività da parte degli altri bambini non controllata efficacemente dal docente, la scarsa attenzione ai suoi bisogni fisici e affettivi.