La tristezza nell'autismo

La tristezza nell'autismo

 

 

È questo uno dei sentimenti più frequenti in questi bambini. Traspare dal loro viso, dai loro occhi e dai loro racconti. Alcuni genitori più sensibili e attenti avvertono costantemente nel loro bambino segnali di tristezza. Diceva una mamma, riferendosi al figlio: ‹‹Sembra che la tristezza se la porti dietro per ogni cosa che fa o che dice››.

 Il racconto di Simone, un ragazzo di tredici anni affetto da sindrome di Asperger, ci dà conferma di questo mondo interiore triste, oltre che sconvolto.

 

 

Figura 13- I colori e l'espressione triste e perplessa di questo omino riflettono la condizione psicologica di Simone.

 

Dopo aver disegnato un omino con colori molto scuri, fa questo racconto:

Un ragazzo amante della musica

‹‹Questo ragazzo si chiama Mattia. Ha circa trentadue anni, è molto problematico, soprattutto all’interno della sua famiglia, perché il padre era quasi sempre assente. Aveva l’amore per la musica metal. Cominciò a vestirsi come un Emo per rispecchiare ciò che aveva vissuto nella sua famiglia, quindi si vestiva di nero, per riflettere la sua tristezza e la sua asocialità. Poi si appassionò al canto e riesce ad entrare in una band che stava nascendo e suonava la batteria. Diventano il primo gruppo italiano conosciuto nel mondo per il loro genere musicale. Dal quarto disco in poi la sua vita inizia a migliorare. Impara a essere una persona felice con se stessa. S’innamora della tastierista, si fidanzano e si sposano. La chitarrista della band muore e il gruppo si scioglie e ognuno va per la sua strada. Lui inizia a suonare un genere musicale suo e la vita andrà per il verso giusto e avrà anche un figlio››.

In questo racconto Simone si vede più grande della sua età, ma sempre con i suoi problemi di autismo che egli collega alla scarsa presenza della figura paterna nella sua vita. Non amando la scuola, vede il suo futuro come un artista triste e asociale. Immagina e sogna tuttavia di riuscire a essere una persona felice con se stessa e così innamorarsi e sposarsi. Tuttavia il destino continua a accanirsi contro di lui e pertanto la moglie muore e lui ritorna solo. L’ultima frase è però ricca di speranza: ‹‹Lui inizia a suonare un genere musicale suo e la vita andrà per il verso giusto e avrà anche un figlio››.

 

 

 Un bambino di paglia.

Lo stesso ragazzo, commentando un altro suo disegno, nel quale vi era rappresentato uno spaventapasseri, fece questo racconto con più elementi ottimistici.

Un figlio di paglia

‹‹C’era una volta un contadino, un uomo molto solo, aveva una fattoria ma ha sempre voluto avere un figlio, ma non aveva moglie. Cercò di trovare una soluzione per avere un figlio. Decise di prendere vari sacchi di iuta e una specie di palla di gomma per fare il naso, due quanti neri per le mani; come vestito usò una salopette blu. Incominciò ad impaciare i sacchi con i quali fece il corpo, li cucì, e poi gli fece due fori nella testa per fare gli occhi e un foro per la bocca. Inizialmente era ovvio che il pupazzo non prendesse mai vita, però decise di tenerselo in quel modo. Però una notte, grazie al suo desiderio, il pupazzo prese vita e incominciò a parlare e a provare amore nei confronti di suo padre. Da quel momento ebbe una persona con cui potere fare una vita felice››.

Se interpretiamo questo racconto, notiamo come il tema del padre sia prevalente. Nel racconto precedente egli diceva che i suoi problemi erano dovuti a un padre poco presente. In questo racconto, invece, egli prova a immaginare un padre buono e presente nei confronti del figlio. Invece di un padre assente vi è un contadino, un uomo semplice, povero, solo, ma con un gran desiderio di avere un figlio. Tanto che se lo costruisce da sé, usando dei sacchi di iuta da riempire con la paglia. Purtroppo però questo figlio costruito con la paglia è senza vita, così come spesso Simone si sentiva: senza emozioni e senza sentimenti positivi. Per fortuna grazie all’amore paterno, si compie il miracolo: questo figlio prende vita, parla ed è ricco di amore. Entrambi, padre e figlio, ora sono pronti ad affrontare con gioia la vita.

Altre volte la tristezza è come nascosta e camuffata da comportamenti apparentemente indifferenti o ridanciani, che non rispecchiano affatto il sentire di questi bambini, ma che sono attuati per far piacere agli altri e anche per cercare di combattere questo sentimento doloroso. I genitori notano inoltre nei figli che presentano sintomi di autismo una difficoltà a distrarsi e a lasciar perdere i pensieri negativi e ad avere, invece, pensieri ed emozioni positive.[1]

In definitiva, dal caos emotivo che disturba gravemente i circuiti neuronali della mente di questi bambini, nascono direttamente o a causa di uno o più meccanismi di difesa che essi mettono in campo, i variegati sintomi che noi rileviamo e che con molta difficoltà cerchiamo di catalogare, senza tuttavia riuscire a dar loro un senso coerente quando rifiutiamo di vederli come espressioni di una realtà psichica particolarmente turbata. Poiché ogni individuo è diverso dall’altro, e ogni realtà esterna, con la quale ognuno di questi bambini è costretto a confrontarsi, è diversa dall’altra in ogni momento della nostra vita, le manifestazioni della sofferenza presente nei bambini con sintomi autistici non sono mai uguali, anche se possiamo rintracciare qualche caratteristica comune.

 

Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Bambini da liberare - Una sfida all'autismo".

 

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[1] Franciosi F. (2017), La regolazione emotiva nei disturbi dello spettro autistico, Pisa, Edizioni ETS, p. 30.

 

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