Le sensazioni nell'autismo: il tatto e il dolore

Le sensazioni nell'autismo: il tatto e il dolore

 

 

La nostra pelle e le nostre mucose hanno la possibilità di registrare una quantità incredibile d’informazioni provenienti dal mondo esterno: dal lieve, piacevole tocco di una carezza, al dolore di uno schiaffo; dal tiepido calore del latte succhiato dal seno materno, al bruciante dolore di una scottatura. Attraverso il tatto, oltre la temperatura, comprendiamo l’intensità della pressione esercitata sul nostro corpo, la presenza nell’ambiente di vibrazioni, capiamo la consistenza degli oggetti, avvertiamo la differenza tra i vari tipi di superfici: lisce, ruvide, scivolose e così via.

Le sensazioni tattili sono collegate in maniera molto intima alle emozioni più primitive: molti piccoli di animali avvertono, mediante il tatto, il calore della madre, insieme alla sua presenza tenera e rassicurante. Attraverso il contatto corporeo i gesti materni, fatti di leccamenti, carezze e abbracci, fanno acquisire ai cuccioli l’amore e la sicurezza del mondo che li circonda. È soprattutto mediante il tatto che il piccolo essere umano si bea del piacere di succhiare, insieme al tiepido latte che proviene dal morbido seno materno, che offre nutrimento al suo corpo, anche l’affetto, l’accettazione e l’amore della madre che plasmano e arricchiscono il suo Io, rendendolo sempre più maturo, sano e forte. È attraverso il tatto che il bambino avverte dalle forti braccia del padre, la rassicurante presenza e protezione che questi è disposto a offrirgli.

 

Tuttavia è anche attraverso il tatto che i piccoli degli animali e dell’uomo notano la fredda atmosfera che si crea quando la madre o il padre, per svariati motivi, non hanno verso di loro le giuste attenzioni e cure o quando i genitori non hanno tempo o voglia di giocare con loro e non li abbracciano e baciano con il calore e la tenerezza che essi si aspettano. Ed è infine soprattutto attraverso il tatto che tutti i piccoli degli animali e dell’uomo avvertono l’aggressività e la violenza dell’ambiente nel quale vivono.

Sono tanti i bambini piccoli che non amano e provano intenso fastidio per alcuni contatti intimi, come l’essere baciati e accarezzati, non solo dalle persone estranee ma a volte anche da qualche familiare, come dagli zii o dai nonni.

D’altra parte come dice Benedetti (2020):

La reazione all’estraneo è una manifestazione fisiologica nello sviluppo dei bambini, utile filogeneticamente alla difesa della specie, con l’attaccamento alle persone conosciute e la diffidenza e l’allontanamento da quelle sconosciute.[1]

 

 

Questo comportamento si accentua nei minori che presentano anche solo modesti disturbi psicologici. Anche loro si ritraggono non solo dai baci e dalle carezze, ma a volte non accettano neppure di essere toccati dagli altri. Possiamo allora ben dire che i comportamenti di evitamento, nei confronti delle persone, non solo estranee ma anche familiari, sono collegati sia all’immaturità dei soggetti, sia alla presenza di qualche problematica psicologica.

Il massimo grado di reattività lo ritroviamo, senza dubbio, nei bambini che presentano disturbi autistici, i quali spesso si ritraggono e non accettano di essere abbracciati, baciati, accarezzati o semplicemente toccati, non solo dagli estranei ma anche dai loro stessi genitori, tanto da reagire con crisi di angoscia, aggressività o agitazione psicomotoria quando ciò avviene. In questi casi le loro reazioni sono inusuali e particolari, giacché quello che essi provano, non viene mediato da una personalità matura, complessa, integrata e serena come avviene in un bambino normale della loro età.[2]

La Williams, riferendosi ai suoi genitori ricorda: ‹‹Non li ho mai abbracciati, né mai fui abbracciata da loro. Non mi piaceva che qualcuno mi venisse troppo vicino, né tantomeno che mi toccasse. Sentivo che ogni tocco era dolore e avevo paura!››.[3]

Inoltre, poiché la sensibilità generale dei bambini con disturbi autistici, a causa della notevole tensione interiore, è notevole, essi possono odiare il contatto con alcune sostanze e amarne altre. Pertanto molti di essi, pur odiando il contatto con un altro corpo umano, amano strusciare il viso e il corpo sul pavimento, sulle tende, sui mobili, sul rivestimento delle sedie e su altri oggetti.

Come afferma De Rosa: ‹‹Un’altra caratteristica del mio autismo, di cui mi sembra di essere diventato consapevole in quegli anni, è la grande sensibilità tattile che sfocia nel vero e proprio piacere di toccare certe cose come nel fastidio di toccarne altre››.[4]

Ricorda la Williams:

Ma un giorno mi ritrovai su un sedile accanto a una grossa ragazzina di nome Elisabeth. Stava creando una persona umana con un cono di cartone e della carta. Mi attiravano i suoi capelli, tirati indietro in una lunga treccia: passavo la mano su quella treccia. Si girò per guardarmi, io mi spaventai per come il suo viso era unito ai capelli. Volevo toccare i suoi capelli, non lei.[5]

Nei bambini con sintomi di autismo, oltre che nei confronti delle persone, il rapporto della loro pelle con gli oggetti, le stoffe, i liquidi si presenta in modo particolare: molti di loro, come i bambini piccoli, non amano lavarsi i capelli, soprattutto non amano lo shampoo, perché brucia gli occhi e confonde; non accettano alcuni capi di biancheria intima e dei vestiti nuovi e stretti; provano fastidio per le cerniere lampo e per le etichette dei vestiti e dei maglioni; spesso non sopportano gli elastici, le guarnizioni presenti nelle stoffe e gli abiti scomodi.

Molti bambini con sintomi di autismo si divincolano disperatamente e sfuggono quando i genitori o peggio i barbieri o i parrucchieri vogliono tagliare loro i capelli. Lo stesso può avvenire quando la madre cerca di spazzolare loro i denti o tagliare le unghie. Inoltre le attività come la pittura con le dita e i giochi con la sabbia possono produrre in loro più stress che divertimento.[6] Alcuni di loro, come i neonati, sembrano non avvertire le sensazioni di caldo o di freddo, per cui i loro vestiti spesso non si accordano con la stagione e con la temperatura presente.[7] In questi casi la scelta degli indumenti e il bisogno di coprirsi molto o di scoprirsi si collegano più a loro intime esigenze psicologiche che non alla temperatura da essi percepita.

Tuttavia, anche in questo settore, come in tanti altri campi, non vi sono caratteristiche costanti: ogni bambino con sintomi di autismo ha le sue fobie e le sue intolleranze, ma anche le sue preferenze, dovute alcune volte a precedenti esperienze negative o positive, altre volte a particolari percorsi psicologici assolutamente personali, per cui queste intolleranze o preferenze nascono da confuse e instabili esigenze e problematiche interiori, che si manifestano in un determinato momento e con particolari persone.

Per tali motivi, anche se questi bambini, come normalmente viene descritto, non amano alcuna carezza, altri invece, desiderano e vogliono essere abbracciati e sono felici quando si fa loro il solletico. A questo riguardo è da notare come alcuni genitori non solo non sono freddi con i loro figli ma anzi amano coccolarli, baciarli e accarezzarli a lungo e questi ultimi sembrano accogliere con piacere i baci e le coccole. Tuttavia, in alcuni casi, la sensazione che si ha guardando le loro coccole è che questi genitori abbiano stabilito con questi figli un rapporto simbiotico e pertanto non si attivino nel far maturare la personalità del loro bambino, mediante una relazione più profonda, varia e stimolante. Altri bambini con sintomi di autismo amano partecipare a dei giochi corpo a corpo con gli adulti, soprattutto con il padre, anche se lo attuano in maniera aggressiva.[8] Ciò non sempre è accettato dai genitori, soprattutto dalle madri, che giudicano in modo negativo questi comportamenti.

Per alcuni di loro inoltre l’essere toccati in un certo modo e solo da certe persone diventa, in qualche modo, una coazione rilassante o psicologicamente necessaria al benessere interiore ma scarsamente comprensibile da parte di chi osserva questi strani e inusuali comportamenti. Ad esempio per De Rosa la sensazione che faceva diminuire la sua ansia e gli permetteva di esprimere con la scrittura, mediante il computer, i suoi pensieri, le sue idee, era data dal contatto della mano del padre sulla sua spalla.[9]

 Per la Grandin, una sensazione che faceva diminuire la sua ansia era invece quella offerta da una macchina che lei chiamava “stringitrice”. Gli effetti di questo strumento da lei inventato, sono così descritti:

Per avere sensazioni di delicatezza, è necessario sperimentare il delicato benessere fisico. Quando il mio sistema nervoso imparò a tollerare la rilassante pressione della mia macchina stringitrice, scoprii che questa sensazione di benessere mi rendeva una persona più gentile e tenera. [10]

L’autrice riferisce inoltre come anche altri bambini autistici avevano dei benefici quando venivano stretti da qualcosa. Molti genitori raccontavano all’autrice che i loro figli con disturbi autistici amavano infilarsi sotto i materassi, avvolgersi nelle coperte o incunearsi in luoghi molto stretti quando volevano ricercare una maggiore serenità.[11]

Quest’accorgimento scoperto dalla Grandin, la quale non accettava di essere stretta fra le braccia della madre ma a queste preferiva le pale di un marchingegno meccanico e freddo,[12]ci fa ben capire come il problema dei bambini con sintomi di autismo che non accettano di essere abbracciati, coccolati o semplicemente toccati, non sia di tipo neurologico e non riguardi l’intensità della sensazione, ma le qualità e le caratteristiche delle persone con le quali essi si relazionano in quel momento. Nel caso della dott.ssa Grandin l’abbraccio che proveniva da una persona, la madre, verso la quale lei non nutriva sentimenti positivi, le provocava paura; invece la stessa sensazione che proveniva da un oggetto affettivamente neutro, come poteva essere la “stringitrice”, poteva essere ben accetta, anzi le provocava delle emozioni piacevoli e rilassanti.

Per quanto riguarda la pulizia, anche in questo campo, in bambini con la stessa diagnosi, possono coesistere situazioni opposte, per cui in alcuni o in alcuni periodi si può avere un’indifferenza pressoché totale per la pulizia, mentre in altri o in altri periodi questi bambini possono presentare una cura maniacale della propria persona.

Le sensazioni dolorifiche

 

Lo stesso avviene per le sensazioni dolorifiche. Alcuni bambini si spaventano a morte e reagiscono con furia quando sono costretti a sedersi sulla poltrona del dentista; gli stessi tuttavia possono apparire insensibili a sensazioni dolorose molto più intense (anestesia sensoriale), come possono essere dei traumi fisici, delle gravi fratture o lesioni provocate dai loro comportamenti autolesionistici. A questo proposito la Williams così descrive il motivo per cui aveva lasciato la scuola speciale nella quale era stata inserita:

Mi dissero che una ragazza con paralisi cerebrale mi aveva colpita al capo con un sasso. Forse l’aveva fatto davvero, ma io ero così poco attenta alle cose che non mi interessavano o mi disturbavano, che non me ne sono accorta. Certamente non aveva ferito le mie sensazioni, fisiche o meno. [13]

Questa modalità di reagire ai contatti è stata a volte giudicata come un innato disturbo percettivo per cui in questi soggetti le sensazioni tattili sarebbero congenitamente ridotte, mentre in altri sarebbero congenitamente eccessive (ipersensibilità o iposensibilità congenita alle sensazioni tattili). È difficile accettare questa spiegazione, poiché come abbiamo visto, sia l’iposensibilità che la ipersensibilità si possono ritrovare negli stessi bambini in tempi, con persone e situazioni differenti.

È evidente invece, che i bambini con sintomi di autismo vivono e avvertono in modo personale e particolare ogni apporto che proviene dal mondo esterno, in base all’età, alle esperienze avute, alle proprie caratteristiche psicologiche, ma soprattutto essi reagiscono in base ai loro vissuti interiori presenti in quel determinato momento. In pratica tutti gli apporti sensoriali sono filtrati e valutati da molti complessi elementi, spesso non chiari neanche agli stessi bambini: la loro maturità affettiva, il maggiore o minore sviluppo relazionale e quindi la maggiore o minore maturazione del loro Io, la presenza o meno di emozioni positive o negative che essi vivono in quel determinato momento, il tipo di difese messo in atto e soprattutto la maggiore o minore fiducia da loro avvertita nei confronti delle persone con le quali si stanno relazionando.

Alcuni suggerimenti

  • Se notiamo anche un lieve fastidio nel bambino con sintomi di autismo, quando lo tocchiamo o soltanto lo sfioriamo, per rispetto della sua sensibilità e delle sue paure, dobbiamo assolutamente evitare di costringerlo a subire carezze, baci o anche semplici contatti non desiderati. In caso contrario, nei confronti di chi non sentono realmente vicino e rispettoso dei loro bisogni e delle loro paure, essi diventano chiaramente ostili, tanto che anche il minimo contatto può essere da loro avvertito come sgradevole o perfino minaccioso. Aspettiamo, quindi, che sia lui a iniziare a toccarci,[14] aspettiamo che sia lui a farci capire che desidera e ha bisogno dei nostri abbracci, delle nostre carezze o anche dei nostri baci.
  •  Durante i giochi, per evitare di essere, anche senza volerlo, in qualche modo invadenti, restiamo a una distanza fisica di sicurezza dal bambino, mentre gli offriamo la nostra presenza rassicurante e disponibile all’intesa e al dialogo. Questa distanza va mantenuta fino a quando non notiamo chiaramente che egli desidera, vuole e cerca il nostro contatto fisico. Solo allora potremo avvicinarci a lui per scambiare i gesti affettuosi che egli ricerca.
  • Se riusciremo a rispettare fino in fondo i suoi bisogni e la sua sensibilità, ci accorgeremo con gioia che anche lui, gradualmente, inizierà ad avere maggiore comprensione verso di noi, verso i nostri bisogni e desideri. È evidente che l’accettazione dei contatti fisici diventerà molto più facile se saremo riusciti a compiere, insieme al nostro bambino con sintomi di autismo, un efficace e costante percorso relazionale, che lo abbia aiutato ad avere fiducia in noi, riconoscendoci come persone comprensive, affidabili e amiche.
  • Per quanto riguarda il fastidio provocato da alcuni abiti e stoffe la Grandin ci offre un prezioso consiglio: ‹‹I genitori possono evitare molti problemi di accessi di collera, dovuti a malesseri sensoriali, semplicemente facendo indossare ai figli abiti morbidi che coprano quasi tutto il corpo››.[15]

Dice la Williams:

Attraverso la fiducia può nascere il loro interesse per il “mondo” e, all’inizio, questa esplorazione dovrebbe avvenire soltanto nei termini che essi conoscono, i loro. Soltanto una volta fermamente stabilito questo, potrete togliere la rete di sicurezza lentamente, pezzo dopo pezzo.[16]

In definitiva l’autrice ci dice che non possiamo immaginare di avere una relazione efficace con questi bambini se non seguendo i loro bisogni e i loro desideri, ed è questa la “chiave” tante volte cercata dagli operatori e dai genitori per riuscire a entrare nel loro mondo e permettere loro di aver fiducia nel nostro mondo. Se invece cerchiamo di adattare loro a noi, ai nostri bisogni e desideri, non faremo altro che spingerli alla chiusura o ad accentuarla.



[1] Benedetti G. (2020), La Bolla dell’Autismo, Self- Publishing, pp. 60-61.

[2] Bettelheim B. (2001), La fortezza vuota, Milano, Garzanti,p. 13.

[3] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 15.

[4] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 29.

[5] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 26.

[6] Notbohm E. (2015), 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi, Trento, Erikson, p. 52.

[7] Brauner A., Brauner F. (2007), Vivere con un bambino autistico, Firenze, Giunti, p. 86.

[8] Ajuriaguerra J. (De), Marcelli, D.,(1986), Psicopatologia del bambino, Milano, Masson Italia Editori, p. 765.

[9] De Rosa F. (2014), Quello che non ho mai detto, Cinisello Balsamo, San Paolo, p. 80.

[10] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 91.

[11] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 69.

[12] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 100.

[13] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, pp. 26-27.

[14] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 69.

[15] Grandin T. (2011), Pensare in immagini, Trento, Erikson, p. 74.

[16] Williams D. (2013), Nessuno in nessun luogo, Roma, Armando Editore, p. 172.

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